Si sono concluse le operazioni di abbattimento di oltre 450 capi bovini appartenenti ad una mandria vagante che da anni si spostava nei Comuni del basso Canavese su terreni demaniali sconfinando anche su colture agrarie di aziende agricole private. Ne ha dato notizia l’assessorato regionale alla sanità.
Numerose sono state le richieste di intervento di agricoltori e di amministratori locali per cercare di risolvere la situazione che ha più volte causato problemi anche per il ritrovamento non occasionale di animali morti abbandonati lungo l’asse del torrente Malone. Il provvedimento ha riguardato i Comuni di Agliè, Front Canavese e Rivarossa. Gli animali sono stati catturati e trasportati al macello «Vercelli spa», di Formigliano.
La totale libertà degli animali ed il loro frequente spostamento ha sempre reso difficoltosi gli interventi di controllo sanitario della mandria da parte dei veterinari dell’Asl To4: i sospetti sulla presenza di capi malati ha trovato conferma l’anno scorso quando, con l’aiuto del Corpo forestale dello Stato e del Presidio multizonale veterinario di Torino, i servizi veterinari dell’Asl hanno sottoposto l’intera mandria alle prove diagnostiche per tubercolosi, grave malattia trasmissibile agli animali ed all’uomo.
Più di 100 capi sono risultati affetti da tubercolosi ed i laboratori dell’Istituto Zooprofilattico di Torino hanno potuto mettere in relazione questo importante focolaio di malattia con casi sporadici segnalati in altri allevamenti della zona, evidenziando il rischio concreto di diffusione della malattia infettiva. La resistenza dei proprietari della mandria, che hanno presentato ricorso al Tar del Piemonte contro l’ordinanza di abbattimento totali dei bovini, non ha impedito di portare a termine l’operazione perché lo stesso Tar, visto l’oggettivo rischio sanitario, non ha accolto la richiesta di sospensiva dei provvedimenti emanati dai Sindaci dei Comuni interessati rendendo così possibile l’intervento di cattura e di abbattimento degli animali.
«Il provvedimento impugnato – scrivono i giudici del tribunale amministrativo regionale – è stato adottato all’esito di una complessa istruttoria procedimentale svolta di concerto dalle Autorità specificamente preposte alla tutela della salute umana e animale (ASL TO 4 di Ivrea; Osservatorio Epidemiologico presso l’Istituto Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta; Settore Prevenzione Veterinaria della Regione Piemonte), i cui pareri – tutti concordi nel ritenere necessario l’abbattimento totale della mandria quale misura di eradicazione del focolaio di tubercolosi bovina e di prevenzione di ulteriori contagi – sono stati compiutamente richiamati nella motivazione dell’atto impugnato».
Non solo: «Le stesse modalità “vaganti” del pascolo della mandria, oltre a contraddire le precise prescrizioni imposte dall’Autorità amministrativa (e ribadite dal giudice penale), costituiscono in sé pericolo di diffusione del contagio. Considerato, inoltre, quanto al danno grave e irreparabile dedotto dai ricorrenti, che nel bilanciamento dei contrapposti interessi, debba accordarsi prevalenza all’interesse pubblico alla tutela della salute pubblica rispetto all’interesse economico dedotto dai ricorrenti, comunque eventualmente ristorabile all’esito del merito».
«La conclusione di questa lunga e complessa vicenda – commenta l’assessore alla Sanità Antonio Saitta – dimostra che anche le complessità hanno una soluzione quando si creano le condizioni per una stretta collaborazione tra enti locali, servizio sanitario, magistratura e forze dell’ordine orientata al corretto utilizzo degli strumenti amministrativi e penali necessari per la tutela di interessi collettivi legittimi. L’intervento di ieri deve essere di monito anche nei confronti di altri pastori nomadi che pensano di poter eludere le norme sanitarie mettendo a rischio aziende che operano nella legalità e l’intera economia zootecnica regionale».
Spetterà ora alla Magistratura il compito di accertare le eventuali responsabilità penali e civili dei proprietari della mandria abbattuta, ma per le aziende del basso canavese è già importante aver scongiurato il rischio concreto di poter perdere la qualifica di “allevamento ufficialmente indenne da tubercolosi” con tutto ciò che ne consegue. Al momento sono tre gli indagati, residenti a Busano e a Front Canavese.
25 gennaio 2015 – fonte: www.quotidianocanavese.it