La Campylobacteriosi è la prima causa di contaminazione alimentare in Europa e i casi registrati sono quasi il doppio rispetto alle Salmonellosi. In Italia però il batterio risulta pressoché sconosciuto. Eppure i dati pubblicati dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) sulle epidemie di origine alimentare non lasciano spazio a dubbi. Nella relazione annuale sulle zoonosi e sulle epidemie di origine alimentare nell’Unione europea per il 2009, a fianco della voce Campylobacter troviamo 198.252 casi (+4%), mentre la riga riferita alla Salmonella ne indica 108.614 e il dato risulta in diminuzione (-17%) per il quinto anno consecutivo
«La situazione è complessa – spiega Antonia Ricci esperta dell’Efsa e responsabile del Centro nazionale per la salmonellosi presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie – perché gli allevamenti e il sistema di distribuzione alimentare italiano è simile a quello degli altri Paesi e quindi Campylobacter esiste anche da noi. Il problema è che non ci sono piani di monitoraggio obbligatori negli animali o negli alimenti, per cui solo pochi laboratori lo cercano e nelle statistiche ufficiali il temuto microbo risulta pressoché sconosciuto». Anche negli ospedali quando si è di fronte a casi di tossinfezione alimentare la ricerca riguarda prevalentemente le Salmonelle e solo qualche laboratorio focalizzano l’attenzione sul Campylobacter, anche perché i sintomi sono molto simili. C’è un altro aspetto da considerare mentre le salmonellosi nel protocolli ospedalieri sono registrati e segnalati alle autorità, le tossinfezioni da Campylobacter non sono catalogate in modo specifico e quindi mancano dati precisi su questo batterio che preoccupa la collettività scientifica.
In realtà il batterio è molto diffuso anche in Italia, come dimostrano alcuni studi effettuati dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie presso gli allevamenti avicoli della Regione Veneto. Questa realtà è ben conosciuta dagli addetti ai lavori tanto che ormai si sa che Campylobacter quando lo si cerca lo trova.
Il batterio in genere si trova negli apparati gastroenterici di polli, anatre, oche, e conigli allevati e anche in quelli selvatici (piccioni, fagiani, gabbiani), e può risultare contaminata anche la carne e le uova. La filiera bovina è meno interessata anche se il batterio può crescere nel latte crudo.
«L’incremento dei casi registrato dall’Efsa è destinato ad aumentare – continua Ricci- perché il problema riguarda soprattutto le carni di pollo e non esistono vaccini o profilassi specifiche da adottare negli allevamenti. Le notizie negative non sono finite perché si è notato che le infezioni da Campylobacter risultano spesso difficili da risolvere perché il batterio in alcuni casi si mostra resistente agli antibiotici. Possiamo consolarci – conclude Ricci – osservando la diminuzione progressiva dei casi di Salmonella da quando sono entrati in vigore i piani nazionali di controllo, correlati all’uso capillare dei vaccini in grado di limitare la diffusione, e ad un miglioramento del livello igienico negli allevamenti ».
«Il rapporto Efsa è molto interessante – precisa Roberto Foschino microbiologo del DISTAM di Milano – ed e presumibile pensare che la ricerca di Campylobacter possa diventare obbligatoria nella filiere della carne e venire inserito nei criteri di igiene per la valutazione dell’igiene di polli come viene fatto adesso per la Salmonella». Il mantenimento di un adeguato livello igienico in lavorazione, una particolare attenzione alle contaminazioni crociate nonché una rigorosa osservanza della catena del freddo risultano, anche in questo caso, i fattori fondamentali per una concreta prevenzione.
Le precauzioni
E’ vero che se la carne di pollo viene cotta il batterio muore, ma le contaminazioni avvengono spesso in modo indiretto in cucina attraverso posate o contenitori utilizzati prima per la carne di pollo cruda e poi per altri alimenti. E’ curioso notare come il picco di frequenza in Europa interessa persone tra 18 e 24 anni, ovvero giovani che spesso mangiano fuori casa, con poca dimestichezza con gli accessori di cucina
Il Campylobacter si trova per lo più nella carne di pollame cruda e nel latte crudo (oltre che in pollli, maiali e bovini vivi), e come la Salmonella può provocare febbre e diarrea. La Salmonella riscontrata con maggior frequenza nella carne di pollo, di tacchino e di maiale.
Le altre infezioni
Le infezioni da Listeria monocytogenes sono aumentate del 19% rispetto al 2008, con 1645 casi. La questione è delicata perché la listeriosi colpisce in particolar modo i gruppi vulnerabili come gli anziani ed è associata spesso a mortalità con un tasso di letalità del 17% equivalente a 270 decessi nell’UE). La Listeria abitualmente si trova in pesce affumicato, prodotti a base di carne trattati termicamente e formaggi.
I casi di Escherichia coli verotossici sono stati 3 573 nel 2009 con un leggero aumento mentre il numero di episodi causati da Yersinia enterocolitica, un altro batterio rinvenuto per lo più nei suini e nella loro carne, è sceso a 7 595 nel 2009.
Ilfattoalimentare.it – 1 aprile 2011