La catena di supermercati britannica Mark & Spencer (M&S) ha diffuso i risultati dei primi tre mesi di applicazione della sua strategia in cinque punti, per la riduzione del Campylobacter nel pollo, attuata anche attraverso un accordo con il suo fornitore 2Sisters Food Group.
I primi risultati della sperimentazione effettuata su 336 campioni di pollo, indicano una significativa riduzione della contaminazione da Campylobacter. La percentuale di campioni con livelli molto alti di contaminazione (superiore ai 1.000 cfu/g), è scesa dal 12% di ottobre al 3% di gennaio (dove cfu/g sta per colony-forming units/gram e indica la carica infettante per grammo). La percentuale di campioni con contaminazione tra 100 e 1.000 cfu/g è scesa dal 38% al 13%.
La Food Standards Agency britannica ha giudicato questi risultati come la dimostrazione di come sia possibile intervenire per ridurre la presenza di Campylobacter. Se questa operazione è stata fatta da un rivenditore al dettaglio. vuol dire che si può fare anche ad altri livelli della filiera nella consapevolezza che tutto ciò avrà un forte impatto sulla salute pubblica.
Le misure decise da M&S comprendono un’etichettatura più chiara per i polli interi, dove viene indicato che l’animale viene lavato ed è pronto da cuocere. Un altro accorgimento è il doppio confezionamento dei polli interi, per inserirli direttamente nel forno senza la necessità di scartare e manipolare la carne, evitando così il rischio di diffondere il batterio in cucina.
La strategia di M&S coinvolge anche gli allevatori e i macellatori, attraverso bonus per chi gestisce allevamenti privi di Campylobacter e applica una nuova tecnologia di sicurezza sulla linea di produzione, in modo tale da raffreddare rapidamente le carcasse subito dopo la macellazione. Gli allevamenti che riforniscono M&S devono anche cessare le pratiche di spopolamento o “diradamento”, che consistono nella selezione, all’interno di un allevamento, di un certo numero di polli da inviare alla macellazione, lasciando gli altri proseguire l’accrescimento. Infatti, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ritiene che, nel corso di queste pratiche, gli esseri umani o altri vettori possano introdurre il Campylobacter e infettare i polli rimanenti.
Il Campylobacter è la più diffusa causa d’infezione alimentare, principalmente da carne di pollame, e in Gran Bretagna si stima che colpisca 280.000 persone l’anno. Per abbattere questo batterio, la carne deve essere ben cotta, anche all’interno.
Beniamino Bonardi – Il Fatto alimentare – 13 marzo 2015