Primo caso di Ectima Contagioso sul Baldo veronese, malattia infettiva che colpisce animali domestici e selvatici, tra questi in particolare il camoscio. Proprio un camoscio è stato trovato affetto da tale patologia I’11 settembre da un cacciatore del Comprensorio alpino di Brenzone. Tra le doppiette è polemica sulla mancata possibilità di fare, nelle oasi, prelievi o abbattimenti di questi animali che ora, a causa di questo male, potrebbero morire nella percentuale del 20-30% nel giro di quale anno.
L’uomo invece può contrarre una infezione in forma lieve. Conferma Antonio Benciolini, veterinario dell’Ulss 22, competente della zona Baldo, che ha informato Ivano Confortini, responsabile del Servizio tutela faunistico ambientale della Provincia: «L’Ectima contagioso colpisce pecore e capre e anche il camoscio. E possibile che il contagio sia arrivato da capi isolati. Il virus è molto resistente e può restare sul terreno anche alcuni mesi. La mortalità nel camoscio si ha soprattutto a metà-fine inverno: è dovuta al fatto che l’infezione provoca lesioni che rendono difficile movimento e alimentazione per cui d’inverno l’animale muore per esaurimento fisico. Non si possono adottare misure di prevenzione di alcun genere. Il virus può trasmettersi all’uomo in forme leggere, dalle quali ci si protegge usando guanti se si maneggiano animali che possono essere infetti».
Dice Luigi Giramonti, presidente del Comprensorio alpino di Brenzone: «L’11 settembre un nostro cacciatore ha abbattuto un camoscio notando che aveva la malattia. Ho informato il veterinario dell’Ulss 22 che mi ha spiegato che potrebbe esserci una perdita di camosci, è un campanello d’allarme. Sul Baldo sono troppi, secondo noi almeno 2.000, mentre, come stimato negli anni della reintroduzione, tra 1987 e 1993, il Baldo avrebbe una potenzialità di 6/700 capi. Da anni sollecito invano un intervento di selezione anche nelle zone vietate alla caccia. Ora li perderemo a causa di una malattia». Riprende Confortini: «L’ esemplare abbattuto a Brenzone aveva pustole in corrispondenza della bocca ed era nello stato di deperimento fisico che caratterizza l’infezione, come rilevato dall’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, su campione consegnato dal Servizio veterinario. Un altro caso simile, ma sul Baldo trentino, è stato segnalato ad Avio. La possibilità che altri capi siano colpiti esiste ed è impossibile adottare misure di prevenzione. I camosci censiti però sono stati quest’anno 1.340. In effetti la capacità portante del territorio calcolata alla reintroduzione – che però non considerava zone basse dove si è ora diffuso – era di 600 capi. Gli abbattimenti nelle oasi però non si possono fare, anche per ragioni sanitarie, poiché devono essere autorizzati dall’Ispra in base a piani da condividere coi servizi veterinari competenti».
Incalza Tiziano Turcato, presidente del Comitato permanente dei Comprensorio alpino del Monte Baldo e di quello di Ferrara di Monte Baldo, dove è assessore alla agricoltura: «II 26 settembre Confortini ha confermato ai presidenti dei Comprensori la diagnosi di Ectima contagioso del camoscio abbattuto. Ci è stato chiesto di tenere sotto controllo la situazione informando la Provincia sull’evoluzione della malattia. Il problema della diffusione del male e della perdita di capi è grave: sono troppi e da anni sostengo vadano abbattuti. Ancora più grave è che stanno rovinando la flora del Baldo. Tra un po’ non potremo più chiamarlo Hortus Europae. Ho portato il problema all’attenzione di Unione montana del Baldo-Garda, dove sono consigliere, Provincia e Regione».
L’Arena – 28 settembre 2016