Non sono affatto preoccupati i medici per i controlli annunciati dalla Guardia di finanza sull’attività intramoenia. «Per noi non è un problema – dice Salvatore Calabrese, segretario regionale dell’Anaao (sindacato degli ospedalieri) -le aziende eseguono già le verifiche che ritengono opportune e comunque sono loro a organizzare la libera professione.
Per le prenotazioni devono essere predisposti linee telefoniche, personale addetto alle prenotazioni e agende diversi, proprio per evitare l’involontario invito a scegliere visite a pagamento.
Questo tipo di organizzazione, che contempla accessi diversi per l’attività istituzionale e l’intramoenia è in vigore da sempre, noi l’abbiamo accettata e condivisa. Ispezioni da parte degli organi dello Stato non ci creano alcun disagio, anche perchè le eventuali carenze di sistema non sarebbero imputabili ai medici ma a chi gestisce l’organizzazione».
Ma sul fronte delle aziende regna uguale serenità.
Tra i direttori generali spicca lo spirito di inventiva di Renato Mason, guida dell’Usl 8 di Asolo, che telefona con regolarità al proprio Cup per capire quanto deve attendere in linea un paziente, come viene trattato dall’operatore, se le informazioni che riceve siano sufficientemente chiare e così via.
«E non mi limito a questo – rivela il manager – due o tre volte al mese mi siedo nelle sale d’aspetto degli ambulatori per testare
il grado di soddisfazione degli utenti. E’ l’esperienza più “formativa” che esista.
Quanto alla strumentazione diagnostica, è un mio pallino dal momento dell’insediamento: effettuo controlli a campione sulla produttività dei macchinari e prima di comprarne uno nuovo chiedo una scheda tecnica al primario che l’ha richiesto. Non esiste che un presidio da 200 mila euro sia usato 4 ore a settimana. Ben vengano dunque ulteriori accertamenti».
Critico Umberto Iazzetta, presidente regionale di Cittadinanzattiva, a capo degli sportelli del Tribunale del malato: «Molti pazienti si rivolgono a professionisti privati anche per i lunghi tempi di attesa, e non sempre se lo possono permettere. Se la libera professione si svolge come prevede la legge, senza proroghe e nelle strutture pubbliche, tutto diventa più semplice ed evadere un po’ più difficile.
Viviamo una stagione di cambiamenti, oltre 9 milioni di italiani rinunciano alle cure per ragioni economiche, e il solco delle disuguaglianze si approfondisce sempre di più. Sì dunque a tutte le iniziative utili a recuperare un’evasione vergognosa».
Corriere del Veneto – 21 luglio 2012