Il deputato Fi: «Prendo atto della decisione ma io sono innocente» La parola definitiva tocca all’Aula martedì prossimo. La Giunta per le autorizzazioni della Camera dice sì all’arresto di Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto accusato di corruzione e finanziamento illecito nell’inchiesta sul Mose. È uno dei politici più noti tra quelli finiti nel registro degli indagati della procura veneziana: ex presidente regionale, ex ministro nei governi Berlusconi e adesso deputato di Forza Italia.
All’inizio di giugno il gip di Venezia Alberto Scaramuzza ha chiesto per lui la custodia cautelare in carcere, per possibile reiterazione del reato, ma essendo un deputato ha bisogno del parere positivo della Giunta prima e della Camera poi.
Ieri i 21 membri della Giunta – con 16 voti favorevoli, 3 contrari e 2 astenuti – hanno deciso che per lui non c’è “fumus persecutionis” da parte della giustizia, nonostante l’ex governatore abbia inviato tre memorie difensive in cui sottolinea gli errori della Guardia di finanza (che ha evidenziato nel suo portafoglio uscite superiori di 1,3 milioni rispetto alle entrate nel periodo 2005-20012), spiegando anche come l’accanimento dei pm si possa evincere dal fatto che la sua iscrizione nel registro degli indagati risalga all’aprile 2013 ma sia stato notificato solo nel maggio 2014.
Ora l’ultima parola spetta all’aula: il 15 luglio i deputati voteranno. Il relatore della Giunta Mariano Rabino (Sc) manterrà il ruolo anche per l’assemblea. Circolano già voci di un possibile voto segreto, e Rabino spiega: «In Giunta non ho sentito questa ipotesi, ma fuori so che alcune forze politiche potrebbero avanzare la richiesta».
Dal canto suo Galan respinge al mittente le accuse: «Purtroppo l’esito del voto di oggi era stato ampiamente annunciato. Resto fiducioso che i colleghi d’aula abbiano letto la documentazione che ho prodotto e votino secondo coscienza, personale. Io sono innocente».
Il relatore rivendica che l’esame del fascicolo è stato molto approfondito. E sottolinea che si è fatto carico «della novella normativa in vigore dopo la richiesta del gip, invitando i magistrati, nel rispetto della loro autonomia, a valutare l’applicazione delle nuove norme», cioè di non applicare la custodia cautelare per i reati la cui pena non supera i 3 anni.
Galan era già stato raggiunto a giugno insieme ad altri indagati da un’ordinanza di sequestro preventivo, che nel complesso punta a recuperare 40 milioni. Tra i suoi beni immobili messi sotto sequestro ci sono una decina di barche e Villa Rodella, la dimora trecentesca a Cinto Euganeo, acquistata nel 2006 e ristrutturata, dicono i pm, dal Consorzio Venezia Nuova, responsabile del Mose, per volontà del presidente Giovanni Mazzacurati, anche lui indagato nell’inchiesta.
Per Galan l’accusa è di aver intascato mazzette per molti milioni, al fine di rilasciare autorizzazioni ambientali regionali e inquinare le gare dei project financing. Si legge inoltre nell’inchiesta dei pm Stefano Buccini, Stefano Ancilotto e Paola Tonini che Galan avrebbe ricevuto «uno stipendio annuale di 1,9 milioni tra il 2007 e il 2008 per il rilascio da parte della commissione di salvaguardia di un parere favorevole e vincolante sul progetto definitivo del sistema Mose; 900mila euro tra 2006 e 2007 per il rilascio del parere favorevole della commissione Via sui progetti delle scogliere alle bocche di porto di Malamocco e Chioggia».
Il Sole 24 Ore – 11 luglio 2014