Un nuovo predatore invade i mari italiani a causa del riscaldamento globale, suscitando preoccupazioni per l’ecosistema marino e per la salute dell’uomo. Si tratta del vermocane, Hermodice carunculata, una specie urticante che rappresenta una minaccia per diverse specie marine
La presenza del vermocane (Hermodice carunculata), noto anche come verme di fuoco, nel Mar Tirreno e nel Mar Adriatico sta aumentando a causa del riscaldamento globale. Un progetto di ricerca a Milazzo mira a contrastarne la diffusione e a proteggere l’industria ittica, l’ecosistema marino e la sicurezza umana.
Il vermocane
Il vermocane è una specie nativa termofila e la sua maggiore presenza è un indicatore del cambiamento climatico. È un predatore generalista molto vorace che si alimenta di coralli, gorgonie, stelle marine e altre specie presenti nei mari italiani. Ha proprietà urticanti e può causare irritazioni cutanee, rappresentando una minaccia sia per diverse specie marine che per l’uomo.
L’avvistamento di molti esemplari nei mari del sud Italia, oltre a essere un indice della crisi climatica che il Mediterraneo sta vivendo, ha iniziato a suscitare preoccupazione per i potenziali danni che tale specie può arrecare al settore ittico.
Diffusione
Questa specie, tipica delle coste ioniche, si è ormai diffusa nel Mar Mediterraneo Centrale, e si sta sempre più spostando lungo il Mar Tirreno e l’Adriatico. Nel Mar Mediterraneo la sua presenza è nota fin dalla prima metà del XIX secolo, ma il suo territorio d’elezione sono sempre state le coste ioniche. Ora, invece, la sua presenza è stata registrata in zone molto più a nord, in particolare fino all’Arcipelago Toscano, nel Mar Tirreno, e lungo le coste pugliesi dell’Adriatico, arrivando a interessare le coste della Croazia, che hanno una conformazione più rocciosa e che sono più adatte al suo insediamento.
Uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Modena e Reggio Emilia (UniMore) e pubblicato su Mediterranean Marine Science, ne ha analizzato la distribuzione determinando che – sulla base di un dataset relativo al periodo 1967-2019, risposte a questionari da parte di operatori del settore, segnalazioni di privati attraverso i social network – nell’84,5% dei casi gli esemplari sono stati avvistati in prossimità o sopra a substrati rocciosi, mentre più inusuale è stata la presenza su sedimenti sabbiosi, praterie di posidonie o di altre piante marine, relitti di imbarcazioni. Inoltre, le osservazioni sono avvenute quasi sempre in acqua (99,87%).
Rischi
In caso di un contatto ravvicinato con un vermocane, si rischia di avvertire una forte scarica urticante provocata dalle setole bianche che ricoprono il dorso dell’animale. I filamenti inoculano una tossina che causa bruciori, eritemi, pruriti e forme di parestesia. Nell’uomo gli effetti sono limitati, ma in altri animali marini queste punture inducono una paralisi che permette all’Hermodice di attaccarli e di nutrirsene.
Sebbene si un corallivoro, la sua dieta è molto variegata e può comprendere organismi morti o moribondi, ma anche ricci di mare, stelle marine, meduse, gorgonie. Inoltre, attacca i pesci intrappolati nelle reti fisse dei pescatori o utilizzate per l’acquacoltura.
Citizen science
Un progetto di monitoraggio è stato avviato dalla stessa UniMore, insieme al Comune di Nardò, all’Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale, all’Università Politecnica delle Marche e alla rete Siren dei centri sub siciliani, per raccogliere informazioni su diffusione e abitudine di questo animale. Sulla pagina Facebook che supporta il progetto è disponibile un questionario tramite cui inviare le proprie osservazioni.
“La collaborazione dei cittadini e dei subacquei che hanno segnalato fino ad oggi è stata utilissima – ha spiegato il professor Roberto Simonini, autore di diversi studi sull’Hermodice carunculata – e testimonia l’importanza del contributo diretto del pubblico nell’aiutare la ricerca scientifica. Nel 2021 le segnalazioni sono state 218, più del doppio di quelle che avevamo raccolto ogni anno dal 2015 al 2019”.