“La sanità pubblica – hanno spiegato Camani e Bigon – tanto a livello nazionale quanto in Veneto, si trova a un bivio. La domanda di servizi infatti è crescente, legata al progressivo invecchiamento della popolazione. Ma contemporaneamente i finanziamenti arretrano. Ne sono la riprova da un lato le previsioni fissate con la Nadef (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza) che stabilisce una percentuale nel rapporto spesa sanitaria/PIL al 6,6% nel 2023. E che va a scendere nei prossimi anni al 6,1% nel 2026: un valore inferiore a quello pre-pandemico del 2019. Contemporaneamente in Veneto si annuncia una stretta per la sanità, in nome dell’equilibrio di bilancio. Serve dunque una riforma del sistema di finanziamento e spesa che con questa proposta vogliamo mettere sul tavolo. La spesa sanitaria in rapporto al PIL si attesta in media sul 6,9% nel quinquennio 2018-2022. Considerando che nella nota di aggiornamento al DEF, attualmente ancora in discussione in Parlamento, il PIL è stimato in 2.050 mld di euro, un livello di finanziamento del servizio sanitario nazionale almeno pari al 7,5% comporterebbe un incremento delle risorse da 134 mld di euro (fabbisogno programmato nel 2023) a oltre 153 mld di euro, per attestarsi agli standard degli altri paesi europei. Una percentuale da raggiungere gradualmente lungo un periodo di tempo compreso tra il 2023 e il 2027. In base alle previsioni attuali lo stanziamento dovrebbe crescere di almeno 4 mld di euro l’anno. La proposta prevede inoltre la modifica dell’art. 11 del cosiddetto Decreto Calabria che attualmente stabilisce i vincoli in materia di spesa per il personale degli enti del Servizio sanitario nazionale delle regioni. La modifica punta a superare i vincoli di spesa relativi a singoli aggregati di spesa, riferiti al personale. Vanno infatti eliminati quegli elementi di rigidità che condizionano fortemente la possibilità da parte delle regioni di raggiungere gli obiettivi previsti dalla programmazione sanitaria regionale. Chiaramente questo non può creare ulteriori alibi, ma semmai rafforza le responsabilità delle Regioni. E, nel caso del Veneto, non c’è dubbio che serva, al di là della mole di finanziamenti statali, una maggiore consapevolezza della necessità di investire di più e meglio sul fronte dei servizi e del personale. Il congelamento delle assunzioni dei medici vincitori di concorso è in questo senso una spia allarmante in un quadro che dal post Covid appare in costante aggravamento”.
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