Il referendum sulla caccia che avrebbe dovuto tenersi il 3 giugno in Piemonte non si farà. Il centrodestra che governa la Regione ha abrogato la legge in vigore, in modo da far decadere i quesiti referendari, riuscendo così – questo l’obiettivo dichiarato – a risparmiare i 22 milioni che sarebbe costata la sua celebrazione, soldi che in questo momento non ci sono.
Pdl e Lega Nord inoltre, con l’approvazione di uno specifico ordine del giorno, hanno posto le basi per un nuovo provvedimento condiviso e rispettoso delle posizioni degli animalisti. Si scrive così la parola fine a una vicenda nata 25 anni fa e mai arrivata al giudizio dei cittadini per una serie di ricorsi e battaglie burocratiche che ha sempre rinviato il referendum e che ha sempre diviso gli animi e spaccato tutti gli schieramenti. Anche il Pdl ha pagato ieri un prezzo politico non irrilevante. In mattinata, Michela Vittoria Brambilla, partecipando a una conferenza stampa promossa dai Comitati per il sì, aveva detto che «non possiamo pensare di ignorare o calpestare la volontà di chi si è espresso per il referendum e che quindi ha il diritto di dire la sua sulla questione, oltretutto per tutelare una lobby dello 0,6 per cento dei piemontesi». E si era beccata una dura reprimenda da parte di un consigliere regionale del Pdl, Gian Luca Vignale. «Gli appelli anticaccia prima, l’invito a esprimere sì al referendum poi e la presenza di oggi alla conferenza stampa del Comitato promotore del referendum sono per noi un chiaro segnale che l’ex ministro Brambilla ha probabilmente perso la “L” del partito», ha scritto in una nota. Per poi aggiungere che «non ci sono altre spiegazioni per la presenza di Michela Brambilla a Torino: da ministro le sue presenze si contano sulle dita di una mano, da deputata invece si presenta a braccetto del centrosinistra».
Assist prontamente utilizzato dal capogruppo di Italia dei valori a Palazzo Lascaris, Andrea Buquicchio, che si è affrettato a fare sapere di condividere le dichiarazioni della Brambilla, auspicando che «il Pdl piemontese prenda esempio dall’ex ministro del governo Berlusconi». In effetti, nel momento cruciale, in controtendenza si sono posizionati Carla Spagnuolo e Giampiero Leo, del Pdl, e Michele Giovine e Maurizio Lupi, esponenti di formazioni minori ma comunque di maggioranza. Dopo il voto la Brambilla è tornata sull’argomento dicendosi convinta che «la vicenda non finirà qui» perch´, ha aggiunto, «sono 25 anni che i piemontesi attendono di poter esercitare il loro diritto di esprimersi attraverso il referendum». «Credo – ha detto – che un tale schiaffo alla democrazia sia senza precedenti e ancora oggi, pur di evitarlo, sotto l’ipocrita paravento del risparmio delle spese, si calpestano in modo indegno i diritti della cittadinanza». Secondo l’ex ministro, «gli assessori all’agricoltura che si sono avvicendati avrebbero potuto procedere in sede normativa per recepire quanto previsto dai quesiti referendari, come si sarebbe potuto giungere a un election day, se si voleva operare un’attenta gestione delle risorse pubbliche».
Visto l’annuncio dei ricorsi, l’ex ministro parla quindi di un sì al referendum «fore solo rimandato, che affermerebbe tre principi fondamentali di civiltà: la difesa dell’incolumità dei cittadini, il diritto alla vita e il fatto che la caccia costituisce una grave ferita per l’ambiente».
A smorzare gli animi, il capogruppo del Pdl, Luca Pedrale. «Abbiamo cercato di conciliare esigenze tra chi è a favore e chi è contrario alla caccia, portando avanti un ordine del giorno che noi riteniamo equilibrato e che offre garanzie politiche a tutti».
Il Giornale – 4 maggio 2012