I giudici fermano l’uccisione delle nutrie. Con una sfilza di sentenze-fotocopia, il Tribunale amministrativo regionale negli ultimi giorni ha accolto i ricorsi presentati dall’Associazione vittime della caccia nei confronti di diversi Comuni del Veneto i cui sindaci, nei mesi scorsi, avevano approvato delle ordinanze per ridurre il numero di questi roditori.
Annullati, quindi, i piani di abbattimento varati a Crespino, Lendinara, Stienta e Loreo (tutti in provincia di Rovigo), ma anche quelli firmati dai primi cittadini di Due Carrare e Cadoneghe (nel Padovano), e a Sovizzo, Alonte, Arcugnano e Brendola (Vicenza). In buona parte dei casi, le ordinanze prevedevano che «il controllo della popolazione delle nutrie fosse effettuato mediante gabbie-trappola e successiva soppressione, su tutto il territorio comunale e durante tutto l’anno, da parte i proprietari, conduttori dei fondi e da ditte di disinfestazione.
Da qui ha preso le mosse la battaglia dell’associazione anti-caccia, che si è rivolta al Tar per annullare i provvedimenti. Secondo gli animalisti, quelle firmate dai sindaci erano «ordinanze contingibili e urgenti» che, come tali, possono essere varate solo «per fare fronte a situazione di urgente necessità». E in effetti è ciò che hanno ribadito in tribunale anche le amministrazioni comunali, spiegando che l’aumento esponenziale delle nutrie mette a rischio la sicurezza urbana.
Il Tar però ha dato ragione all’Associazione annullando tutte le ordinanze perché «non sono specificate le ragioni di grave pericolo per l’incolumità pubblica (…) e nemmeno è specificato quali sarebbero gli elementi costituenti ipotesi di emergenza sanitaria o di igiene pubblica». Insomma, per i giudici non può bastare una semplice ordinanza per autorizzare la caccia ai roditori.
Le sentenze di annullamento, arrivano a neppure due mesi dall’approvazione, da parte della Giunta regionale, del «piano triennale per la lotta alle nutrie in Veneto, finalizzato all’eradicazione del nocivo roditore, responsabile di danni ingenti a colture, arginatura e sponde dei fiumi nella pianura veneta». Un piano che prevedeva proprio la cattura e poi l’abbattimento degli animali.
Andrea Priante – Il Corriere del Veneto – 23 settembre 2016