A breve si potrebbe tornare a parlare di farine animali utilizzate nella composizione dei mangimi per gli allevamenti animali.
Gli europarlamentari lo hanno fatto intendere in una risoluzione approvata il 6 luglio a Strasburgo, che prende spunto dall’ormai ridotta casistica che si riscontrebbe nell’uomo. In una prima fase, la somministrazione delle farine potrebbe essere possibile per gli animali d’allevamento non erbivori. Potrebbe essere il caso, ad esempio, dei maiali.
La vicenda, in effetti, è un poco più complessa.
L’EFSA (European Food Safety Authority), ovvero l’organo tecnico sanitario in seno agli organismi europei, aveva nei mesi addietro sconsigliato la ripresa della produzione delle farine. Questo pur considerando la minore incidenza della malattia. Il committente della ricerca dell’EFSA era la Commissione europea la quale, però, si sarebbe poi addirittura indirizzata per una diminuizione dei finanziamenti da destinarsi alla ricerca sulla BSE (punto, quest’ultimo, comunque non condiviso nella risoluzione del Parlamento europeo).
Il parere negativo dell’EFSA, che in tal maniera si inizia sostanzialmente a disattendere, prendeva spunto da alcune possibili falle che si potrebbero verificare nella catena di produzione, fatto, ancor più incidente, se della malattia ancora non tutto ancora si conosce.
La presenza della variante bovina della malattia (Encefalopatia Spongiforme Bovina), è nota, infatti, solo da alcuni decenni. Ben diverso il caso della malattia che caratterizza ovini e caprini, ovvero la malattia di Scrapie. In questo caso si tratta di una patologia nota da secoli. Non è da escludere che le farine di ovini e caprini, trattate a bassa temperatura, abbiano veicolato la malattia ai bovini (a dirlo è sempre l’EFSA) e da qui, poi, all’uomo con il morbo di Creutzfeldt-Jakob.
L’EFSA non solo aveva raccomandato di mantenere una rigida compartimentazione nella lavorazione di farine appartenenti a specie animali differenti, ma aveva anche insistito nell’approfondire la ricerca scientifica. Tra l’altro, sebbene il livello di sicurezza della carne bovina europea sia molto alto, per l’EFSA non si può ad oggi ancora escludere una residuale possibilità di contaminazione. In altri termini, non poteva assumersi la responsabilità di un nuovo uso, cosa che invece, ora parrebbe possibile.
7 luglio 2011 – GeaPress