Lo comunica Regione Campania in una riunione con le organizzazioni agricole. L’incidenza a Caserta scende al 5%, ma ad agosto la prevalenza nella provincia è ancora al 12% e ben lontana dagli obiettivi del Piano di eradicazione
Il 6 settembre scorso si è svolta a Napoli nella sala della Giunta regionale di Palazzo Santa Lucia una riunione operativa con le organizzazioni agricole sul Programma di eradicazione delle zoonosi, con particolare riferimento alla situazione della brucellosi in provincia di Caserta. L’incontro è stato convocato dal presidente della Regione Campania ed assessore alla Sanità ad interim Vincenzo De Luca.
Regione Campania, risultati positivi
Alla riunione hanno partecipato il commissario al Programma di eradicazione, generale Luigi Cortellessa, l’assessore all’Agricoltura Nicola Caputo, e il direttore dell’Istituto Zooprofilattico sperimentale per il Mezzogiorno, Antonio Limone.
Secondo una nota ufficiale di Regione Campania la riunione, alla quale hanno partecipato i vertici regionali di Confagricoltura, Cia, Coldiretti e Copagri, è stata convocata “per confermare i risultati positivi del Piano per l’eradicazione della brucellosi e definire ulteriori iniziative in difesa della filiera bufalina“.
Nell’incontro, secondo la nota ufficiale di Regione Campania, “è stata innanzitutto confermata la notevole diminuzione dell’incidenza e della prevalenza della malattia in provincia di Caserta, così come la netta diminuzione dei capi abbattuti”.
Prima della riunione i dati sull’andamento della brucellosi, aggiornati al 25 agosto 2023 – non contenuti nel comunicato stampa ufficiale, ma diffusi dal generale Cortellessa – erano stati divulgati dal Coordinamento unitario in difesa del patrimonio bufalino.
I dati del generale Cortellessa
In breve, secondo questi dati, il patrimonio bufalino a Caserta al 15 luglio 2023 risulta costituito da 185.379 capi (Banca dati nazionale di Teramo), contro i 190.553 capi registrati sempre dalla Bdn di Teramo al 30 giugno 2022, una netta diminuzione di 5.174 capi. Anche se i dati forniti dal Commissario parlano di un incremento dei capi, ma a livello regionale. Infatti al 15 luglio 2023 risultano nella regione oltre 305mila capi, contro i circa 304mila del 31 dicembre 2022, il che è spiegato dall’incremento delle altre province, in particolare di Salerno, che complessivamente hanno più che compensato le perdite di Caserta.
Il dato demografico va pesato con quello degli abbattimenti in provincia di Caserta dal 1° gennaio al 7 luglio 2023: appena 4.818, in netta diminuzione rispetto agli oltre 10mila di fine 2022, anche se il Coordinamento degli allevatori lamenta un intensificarsi degli abbattimenti proprio a partire dalla metà di luglio e che sfugge a questa statistica.
Da un punto di vista epidemiologico a confortare di più è il dato sull’incidenza della brucellosi a Caserta ad agosto 2023, sceso al 5%, il che significa che i nuovi casi sono in diminuzione in relazione al patrimonio bufalino attuale, ad esempio, rispetto al 2022, quando l’incidenza era attestata al 7,64%, mentre andava ancora peggio negli anni precedenti.
Nonostante questo progresso ad agosto 2023 la prevalenza della brucellosi negli allevamenti del casertano è ancora al 12%, un dato in calo rispetto a fine 2022, quando era ancora attestata al 13,26%, ma l’obiettivo del Piano di eradicazione della Regione Campania è di portare la prevalenza all’1,62% entro il 31 dicembre 2023. Inoltre, il primo obiettivo del piano era di portare la prevalenza al 3,25% già entro il 31 dicembre 2022, due target in tutta evidenza mancati.
In pratica, il trend della malattia è decrescente, come sostenuto da Regione Campania, ma si è ben lontani dagli obiettivi posti dallo stesso Piano di eradicazione della Regione, come lamentano gli allevatori bufalini casertani. Non a caso la nota di Regione Campania sottolinea: “Si proseguirà con la costante azione di ascolto degli allevatori, con lo snellimento e velocizzazione degli indennizzi e nelle bonifiche”.
Ma non solo, Regione Campania comunica che “D’intesa con il presidente De Luca, il Commissario Cortellessa ha inviato la richiesta al Ministero della Salute per una valutazione sulla possibilità di allargare la somministrazione dei vaccini oltre i 6 mesi di vita dei vitelli, fino a 12 mesi. Inoltre è stato richiesto al ministero l’autocontrollo nelle aziende con veterinari convenzionati e l’applicazione dei test Sar (Siero agglutinazione rapida N.d.R.)“. Le prime due misure erano già state chieste da tempo dagli allevatori.
Movimento allevatori, il piano è fallito
Le affermazioni della nota di Regione Campania e i dati diffusi dal generale Cortellessa fanno dire a Gianni Fabbris, portavoce del Coordinamento unitario in difesa del Patrimonio bufalino, che “la Regione ha finalmente parlato con un desolante comunicato in cui si ripetono bugie“. Tale ultima affermazione è riferita all’interpretazione dei dati offerta dal comunicato di Regione Campania.
Infatti Fabbris sottolinea: “Invece di rispondere nel merito dei numeri diffusi dal generale Cortellessa, la Regione parla di buoni risultati e dichiara di voler chiedere nuove misure al Governo nell’evidente tentativo di scaricare le responsabilità che sono palesi”.
Per gli allevatori, in sintesi, il piano e i suoi responsabili sono al fallimento, essendo l’eradicazione, di questo passo, lontanissima nel tempo e non sostenibile economicamente e socialmente dagli allevatori, soprattutto in mancanza di un organico piano di sostegno specifico.
Il punto sugli aiuti
Del resto al momento, se dai numeri forniti dal generale Cortellessa appaiono regolari le disposizioni di pagamento per gli indennizzi sugli animali abbattuti, secondo lo stesso assessore all’agricoltura Caputo la Regione Campania sta ancora lavorando per sbloccare anche gli aiuti per il mancato reddito.
Mentre le tipologie d’intervento specifiche del Programma di sviluppo rurale 2014/2022 appuntante sulla misura 4, che puntano sul cofinanziamento degli investimenti in biosicurezza e per risolvere i problemi anche ambientali degli allevamenti, non hanno fino ad ora ottenuto successo presso gli allevatori bufalini, perché forse non colgono la situazione di straordinaria incertezza in cui vivono oggi queste realtà imprenditoriali, sottoposte al continuo rischio di ritrovarsi senza reddito e non poter fare fronte agli oneri finanziari di un investimento, per quanto assistito da un congruo aiuto pubblico.
Fonte Agronotizie