Paolo era stato tanto desiderato da mamma e papà ma la sua vita è stata sin da subito una battaglia: è iniziata con un parto prematuro e gemellare. Nel reparto di neonatologia e terapia intensiva neonatale dell’ospedale Civile di Brescia, sono abituati a questi piccoli lottatori. Nessuno però si aspettava che potesse essere un batterio killer, manifestatosi con una violenza mai vista prima, a porre fine alla sua brevissima e fragile vita: il Serratia marcescens ha ucciso Paolo, lo scorso 6 agosto, nella culla termica accanto al fratello gemello e ad altri bimbi prematuri anche loro colpiti, sia pur con meno virulenza, dallo stesso batterio.
La vita di Paolo era iniziata in salita alla fine di giugno, alla ventiduesima settimana di gestazione. «Una nascita di prematurità estrema», l’avevano definita i medici. Così era stato trasferito nel reparto di Terapia intensiva neonatale insieme al suo gemello. A nulla sono valse le coccole e l’amore profusi attraverso l’ oblò della termoculla da mamma e papà. Quel bimbo lo avevano desiderato tanto, per diventare genitori avevano fatto ricorso alla procreazione assistita e dopo le fatiche del percorso di fecondazione la gioia era stata doppia nell’apprendere che nella loro casa di Brescia sarebbero arrivati non uno ma due bimbi.
Il 20 luglio la battaglia per Paolo si è fatta più dura, dopo la diagnosi del contagio da Serratia marcescens. Fino a trasformarsi in una sconfitta senza rimedio, nonostante le cure intensive e gli antibiotici ad ampio spettro: choc settico è stata la diagnosi finale che lo ha portato alla morte.
La Procura di Brescia ha aperto un fascicolo contro ignoti e disposto l’autopsia sul corpo del bimbo. I Nas venerdì si sono presentati in reparto e si sono fatti consegnare la cartella clinica del neonato e la documentazione sanitaria che descrive tutte le procedure eseguite e i protocolli adottati. Anche la Regione Lombardia ha chiesto approfondimenti e attraverso l’assessore al Welfare, Giulio Gallera, ha avviato un’indagine, conferendo all’Ats (Agenzie di tutela della salute) di Brescia l’incarico di istituire una commissione d’inchiesta per verificare tutte le procedure, sanitarie e amministrative, adottate.
Proprio il 20 luglio erano arrivati gli esiti dei prelievi effettuati a tre neonati che presentavano i sintomi dell’infezione. I primi due, tra i quali il fratellino di Paolo, erano stati sottoposti il 18 a emocoltura. Il giorno dopo era stata la volta di Paolo che presentava una congiuntivite per la quale era stato eseguito un tampone oculare. In rapida successione si è presentato un altro caso di contagio (infezione urinaria) e in sequenza sei casi di contaminazione (presenza del batterio asintomatica). Dieci alla fine i bimbi contagiati.
Il Comitato infezioni ospedaliere della struttura, riferisce una nota della Direzione generale, ha subito fatto scattare le misure previste, a cominciare dall’isolamento dei piccoli infettati in ambienti dedicati. Sempre il Comitato, quattro giorni dopo la prima diagnosi (ci sono stati nuovi casi, si sono manifestati in sequenza fino al 6 agosto tra neonati già ricoverati), ha bonificato una stanza per accogliere i nuovi ingressi, fino alla decisione del 27 luglio di chiudere il reparto chiedendo la collaborazione di altri ospedali lombardi.
La situazione ora sta migliorando e il focolaio è sotto controllo, ma per Paolo ogni sforzo è stato vano: la sua è la prima morte per Serratia marcescens registrata nell’ospedale bresciano. E ora i genitori chiedono di sapere se per quel piccolo bimbo tanto desiderato sia stato fatto il possibile.
corsera