Lo strumento ideato da due medici del San Bortolo è un grande successo: l´Alzheimer fa meno paura grazie ai flash che diradano le nebbie del cervello. Sono comparsi sugli scaffali dopo un lungo percorso tra mille ostacoli: il merito è tutto dell´intuizione dei professori Adolfo Porro e Francesco Ferro Milone
Gli occhiali che diradano le ombre di un cervello rinchiuso nel porto delle nebbie. All´inizio flash rapidi ma intensi che illuminano ricordi oscurati, poi luci sempre più nitide e allungate che riaprono il guscio della memoria, ridanno senso a cose che rischiavano di non averne più, restituiscono la storia di una vita che sembrava perduta.
Ora gli occhiali della memoria brevettati con il metodo Mnemosline si possono trovare nelle farmacie. Il percorso è stato lungo, dalla prima intuizione di quella che sarebbe diventata un´autentica scoperta scientifica fino all´ingresso nelle vetrine e alla commercializzazione, fra non poche difficoltà e altrettanti ostacoli, fra gli inevitabili scetticismi e la resistenza di un mercato in questo momento troppo frenato dalla crisi economica per dare spazio a prodotti pure molto innovativi che possono avere un certo costo.
Alla fine, però, l´interesse che stanno suscitando in Italia e all´estero, in Canada, in Australia, in Asia, grazie anche al trampolino della Fiera medica di Dusseldorf, questi speciali occhiali terapeutici da viaggio nello spazio, rende giustizia a tutti i protagonisti di un´operazione di alto spessore tutta di marca berica. Qui siamo davanti a qualcosa che può essere una prima tappa nella cura dell´Alzheimer, che ravviva le funzioni cerebrali e blocca la depressione con effetti benefici sull´umore e sul sonno.
Il primo merito va a due medici, grandi maestri di quella vecchia guardia del San Bortolo ormai quasi estinta a cui si deve lo straordinario sviluppo dell´ospedale di Vicenza fra gli anni Settanta e Novanta. Uno non c´è più. Adolfo Porro. Primario di una geriatria da lui fondata come reparto e cultura assistenziale in anni in cui la medicina degli anziani era ancora un magma informe. Un pioniere. Un entusiasta. Che agli occhiali della memoria ha dedicato gli ultimi 10 anni della sua esistenza.
L´altro è Francesco Ferro Milone. Primario di una neurologia da lui portata ai massimi livelli come approccio curativo articolato e scuola plurispecialistica. Era la fine degli anni Novanta. L´Alzheimer cominciava a farsi conoscere nell´alfabeto della sanità. Una malattia fra le più misteriose e impenetrabili. Porro e Ferro Milone, accomunati dall´ansia della scienza, partirono dagli studi di alcuni ricercatori, i quali avevano provato come la stimolazione luminosa intermittente da 8 a 12 hertz provochi un innalzamento delle onde alfa del cervello e il riassetto delle sinapsi, i punti di contatto fra cellule nervose da dove scattano gli impulsi. L´idea fu di verificare se questi stimoli abbaglianti lanciati su pazienti anziani potessero riattivare una memoria ferita. «Sì – spiega il Milone – le onde alfa giocano un ruolo fondamentale nel collocare i ricordi nell´archivio della mente. La curiosità fu di capire come avrebbero reagito agli stimoli luminosi». Così si costruì una prima versione artigianale degli occhiali, un prototipo fornito di scheda elettronica, roba fatta in casa ma perfettamente funzionante, e poi, dal 2002 al 2007, si condusse una sperimentazione su un gruppo di 200 persone scelte in modo omogeneo per età, sesso e scolarità. La metà, un centinaio, venne sottoposta in ambulatorio ogni giorno alla stimolazione luminosa intermittente. E i risultati diedero ragione. Un elettroencefalogramma di controllo dimostrava che il 60 per cento dei pazienti trattati avevano avuto seri benefici. Ritornava la memoria. Si affievoliva la depressione. Si domava l´insonnia. La controprova? Disturbi peggiorati in chi era fuori dall´esperimento.
Il Giornale di Vicenza – 17 settembre 2012