AFFARI&FINANZA. Raffaele Lorusso. Crescono le importazioni di grano canadese in Italia. Secondo gli ultimi dati Istat elaborati dal Centro Studi Divulga, nei primi due mesi di quest’anno le importazioni di frumento duro dal Canada sono cresciute del 747 per cento rispetto allo stesso periodo del 2022. Si è passati da 33 mila tonnellate a più di 286 mila tonnellate. Gli arrivi di grano duro provenienti dal Canada nei soli primi due mesi di quest’anno hanno raggiunto il 47 per cento del complessivo importato durante tutto il 2022. Una crescita esponenziale accompagnata da timori per la salute, visto che buona parte del grano canadese, circa il 70 per cento, è trattato con glifosato in preraccolta.
L’uso di questo erbicida fa sì che le piante e i semi assorbano la sostanza che, di conseguenza, rischia di rimanere nel grano o nelle altre produzioni anche dopo la raccolta. Secondo un recente studio condotto sui residui di glifosato, su un campione di 8mila prodotti a base di cereali, legumi, frutta e ortaggi venduti in Canada, il 42 per cento conteneva residui rilevabili di questa sostanza.
Ce n’è abbastanza per mettere in allarme esperti e studiosi in tutto il mondo. In Italia il Centro studi Divulga ha messo a punto il rapporto “Glifosato: fatti, numeri e vicende legali dell’erbicida che ha conquistato il mondo danneggiando salute e ambiente”. L’uso è aumentato drasticamente negli anni 90 con l’introduzione degli Ogm modificati. Oggi il glifosato è l’erbicida più utilizzato nel mondo. Le stime disponibili sulla produzione mondiale indicano fino a un milione di tonnellate. In valore, il mercato ha sfiorato nel 2020 i 9 miliardi di euro. Si calcola per il prossimo decennio una crescita del 6 per cento annuo. Un incremento che potrebbe traghettare il mercato verso i 16 miliardi di euro nel 2031. In Europa, il 20 per cento delle vendite è appannaggio della Francia, che ha mantenuto il livello dei consumi della molecola pressoché costanti nel periodo 2013-2017, con circa 9,3 mila tonnellate. A seguire Polonia e Germania, con quote rispettivamente del 14 per cento e del 10 per cento delle vendite europee. Ungheria, Austria, Polonia e Spagna i Paesi con la crescita maggiore delle vendite. Soprattutto l’Ungheria, fra il 2013 e il2017, ha fatto registrare una crescita dell’86 per cento in termini quantitativi. L’Italia, che nel 2013 utilizzava circa 4.500 tonnellate di erbicidi a base di glifosato, nel 2017 aveva ridotto il suo consumo a poco meno di 4.300 tonnellate.
Alcuni studi riportano una correlazione, non ancora isolata come strettamente causale, tra l’esposizione al glifosato e la comparsa del linfoma non-Hodgkin. Si parla di un aumento della probabilità di sviluppo del linfoma del 41 per cento. Per questa ragione, l’Italia è fra i Paesi europei che, già nel 2016, ha introdotto norme molto restrittive, consentendo l’uso di glifosato soltanto come erbicida e vietandolo nella fase di preraccolta e nella cura del verde pubblico.
«I dubbi sugli impatti del glifosato sulla salute sono cresciuti negli ultimi anni anche grazie a studi indipendenti », spiega il professor Felice Adinolfi, direttore del Centro Studi Divulga e docente di Economia e politica agroalimentare all’Università di Bologna. «Servono regole comuni a livello globale e, soprattutto, è necessario accelerare con la sperimentazione di prodotti alternativi sostenibili, come l’acido pelargonico», è l’auspicio di Adinolfi Le tracce nell’ambiente sono ancora elevate. Un recente studio dell’Università di Milano e dell’Istituto di ricerca sulle acque ha rilevato una concentrazione superiore al livello minimo 0,1 microgrammo per litro stabilito dalla legge. L’allarme riguarda le acque della Lombardia più vicine alle zone agricole. Alcune aziende hanno dovuto rinunciare a vendere i propri prodotti a causa dei livelli anomali di pesticidi presenti nelle acque usate per irrigare i campi.
Per effetto della facilità di diffusione nell’aria, della permanenza nel terreno e nelle colture e della presenza nelle acque superficiali il glifosato entra direttamente e indirettamente nella catena alimentare. I ricercatori hanno dimostrato che l’erbicida è in grado di penetrare e di persistere nel terreno. Il rischio, in questo caso, è di una riduzione dell’assorbimento di micronutrienti, di un aumento della vulnerabilità alle malattie, con conseguente diminuzione della resa dei raccolti.
L’Europa spinge per la messa al bando. Ma l’approvazione di regole comuni è ancora rinviata: entro fine anno l’Autorità per la sicurezza alimentare dovrà formulare un parere scientifico definitivo. Negli Usa si moltiplicano le cause per i risarcimenti a favore dei malati
I n Europa l’allarme glifosato è scattato già parecchi anni fa. Sono molti i Paese dell’Unione che spingono per la messa al bando della sostanza. L’approvazione di regole comuni continua, però, ad essere rinviata. Il 2 dicembre 2022, la Commissione di Bruxelles ha concesso un’altra proroga all’uso della molecola, la terza dopo quelle del 2013 e del 2017. Entro il 15 dicembre 2023, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare dovrà formulare un parere scientifico definitivo. Nel frattempo, numerosi Stati membri hanno adottato provvedimenti per limitare l’uso di erbicidi a base di glifosato.
Il primo Paese ad aver vietato completamente tutti i prodotti a base di glifosato è stato il Lussemburgo. Il divieto è entrato in vigore nel 2021, ma di recente è stato annullato dalla Corte amministrativa. Nel 2020, lo stesso divieto sarebbe dovuto scattare in Austria, ma tutto è saltato per un cavillo burocratico. Nel Paese sono in vigore numerose restrizioni, ma per vietare completamente la molecola sarà indetto un referendum. Anche la Francia è impegnata a ridurre progressivamente l’uso di glifosato. In attesa della decisione definitiva di Bruxelles, cresce il numero delle città francesi che, con provvedimenti autonomi, impongono il divieto di uso di glifosato nei propri territori: attualmente sono 20.
A spingere per l’eliminazione della molecola è anche la Germania. Nel 2021, sulla spinta dei Verdi entrati nel governo federale, è stata approvata una legge per vietare il glifosato entro il 2024. Nel frattempo agli agricoltori è stato imposto di ridurne gradualmente l’uso. In molti negozi al dettaglio gli erbicidi a base di glifosato non sono più presenti negli scaffali.
La sostanza è stata già messa al bandoin alcuni comuni della Spagna, come Madrid, Barcellona e Saragozza, e nelle regioni di Extremadura, La Rioja, Aragon.
Il divieto di utilizzo per tutti gli operatori non professionali è in vigore in Belgio. Nel 2017, la Vallonia estese il divieto, a partire dal 2018, anche agli agricoltori professionali. Il decreto è stato poi annullato dal Consiglio di Stato per violazione del principio di lealtà federale.
Il Regno Unito procede nella stessa direzione degli altri Paesi europei, con Galles e Scozia che guidano la crociata contro i pesticidi. Anche in Canada, dove il glifosato viene usato anche come essiccante, cominciano a essere introdotte alcune restrizioni.
Negli Stati Uniti il dibattito è in corso da anni. Nel 2018 un Tribunale ha riconosciuto il nesso di causalità tra l’uso del più noto dei diserbanti a base di glifosato, il Round-up di Monsanto (oggi proprietà del colosso tedesco Bayer), e l’insorgere di alcune patologie tumorali. Alla prima azione legale, conclusasi con un risarcimento di circa 25 milioni di dollari in favore di un uomo che si era ammalato di linfoma, ne sono seguite altre. Attualmente sono circa trentamila le cause in attesa di giudizio. – r.lor.