«Nella proposta del governo mancano all’appello 16 miliardi. È un fatto. Che poi riescano a trovare coperture diverse è un altro conto. Ma oggi quei soldi non ci sono».
«Confermo, basta leggere il documento redatto dallo stesso governo. A seconda dei casi si parla della prossima programmazione del Fondo di sviluppo e coesione, dei fondi europei, del fondo investimenti della sanità o genericamente di fondi nazionali. Ma nessuna di queste è una copertura finanziaria certa, nella migliore delle ipotesi si tratta di buone intenzioni».
Le risulta che i vertici Ue siano contenti per la tempistica e le soluzioni individuate dal governo Meloni?
«No, ma non spetta a me parlare per la Commissione europea. Preferisco restare ai fatti e cioè che già alla terza rata abbiamo accumulato ritardi e problemi, mentre la quarta è di là da venire. E non siamo neanche a metà del guado. E a questo punto contano solo gli atti e i fatti concreti, non le parole».
La preoccupa che siano a rischio i fondi per il contrasto al dissesto idrogeologico, vista l’alluvione che ha devastato l’Emilia-Romagna?
«Sono molto preoccupato, perché il Paese sta affrontando un’emergenza continua. Non posso però non apprezzare che Fitto abbia inserito nel documento un’attenzione specifica per i territori dell’Emilia-Romagna colpiti dall’alluvione di maggio. Noi siamo pronti ad avanzare proposte concrete, per spendere senza ritardi le risorse del Pnrr. Ci mettano in condizioni di farlo».
Che impatto avrà la rimodulazione del Piano sulla sanità pubblica?
«Oltre 400 case di comunità e quasi un centinaio di ospedali di comunità in meno, decine di centrali operative territoriali che vengono a mancare. Se metto insieme questi dati ai 4 miliardi di sottofinanziamento del Fondo sanitario nazionale che lo stesso ministro Schillaci riconosce, e ai medici che mancano, mi pare evidente che la sanità pubblica viene tagliata per far posto a quella privata. A quanto pare il Covid non ci ha insegnato niente. Questa a me pare la cosa più grave, perché si sta dicendo ai cittadini di arrangiarsi».
Quanti progetti a cui teneva sono destinati a saltare?
«A una primissima stima, noi vediamo un possibile ammanco per il territorio dell’Emilia-Romagna di 700 milioni di euro. Ma posso sbagliarmi per difetto».
Fa bene Schlein a dire a Meloni «se smettete di tagliare noi ci siamo?»
«Assolutamente sì. Il Pnrr non è di una parte politica, ma di tutto il Paese, che ha ricevuto queste risorse dall’Europa per sostenere investimenti e lavoro nella transizione energetica e digitale, per creare i servizi dove mancano, per colmare i divari del Sud ma anche delle aree interne. Rinunciare a queste risorse sarebbe imperdonabile».
Per arrivare all’accordo con la Ue è necessario che il contrasto all’evasione fiscale resti una priorità, anche nel Pnrr. Il governo sta andando in questa direzione?
«No. Si fa il contrario, riducendo gli obiettivi. E non passa giorno che un ministro non prometta nuovi condoni rispetto ai tanti che hanno già fatto in pochi mesi. Il risultato è che il gettito fiscale è inferiore alle attese e non si riesce a ridurre le tasse sul lavoro».
Cosa pensa del Terzo polo che vota col governo?
«Il governo i numeri in Parlamento li ha già di suo. E tra l’originale e la copia i cittadini scelgono l’originale. Per questo il consenso della Meloni resta alto a discapito di tutti coloro che si definiscono moderati. È un problema anche per il Pd. Dipende dalle nostre battaglie non consegnare il voto moderato alla destra».
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