Ieri il governo Renzi ha compiuto 70 giorni. Insediatosi il 22 febbraio, in 10 settimane ha riunito per 15 volte il consiglio dei ministri. Ha approvato finora 10 decreti legge e 4 disegni di legge, a riprova della difficoltà anche per questo esecutivo di limitare il ricorso alla decretazione.
Che spesso si giustifica non, come dovrebbe essere, con l’urgenza del provvedimento, ma con la necessità di assicurare una maggiore efficacia allo stesso, dato che il decreto va convertito in legge entro 60 giorni e con ridotti margini di modifica in Parlamento. Necessità forte anche per l’esecutivo Renzi, tanto più che il presidente del Consiglio si ritrova con gruppi parlamentari del suo stesso partito, il Pd, spesso critici se non ostili, come si è visto al Senato sul disegno di legge costituzionale che abolisce il bicameralismo perfetto e alla Camera sul decreto legge Poletti che liberalizza i contratti a termine. Tanto è vero che, in questo secondo caso, anche per superare l’ostruzionismo dei grillini, Renzi è dovuto ricorrere al voto di fiducia. Sono già 5 le fiducie che il governo ha chiesto (oltre le 2 d’obbligo sulle dichiarazioni programmatiche): sul decreto legge per prolungare le missioni militari all’estero, sul disegno di legge Delrio che elimina le province elettive, sul decreto enti locali (il cosiddetto Salva Roma), sul decreto Poletti appunto, e sul decreto sulle tossicodipendenze .
Fin dall’inizio Renzi ha utilizzato il metodo dell’annunciare provvedimenti che solo dopo alcune settimane vengono approvati dal Consiglio dei ministri. Un modo per costringere la squadra a correre, secondo i suoi collaboratori. Un modo per far propaganda, tenendo a lungo sulle prime pagine dei giornali le sue decisioni, secondo le opposizioni. Vediamo, più semplicemente, a che punto è l’azione di governo, osservando le principali cose fatte, quelle in itinere e quelle solo annunciate .
La pubblica amministrazione
Nel suo cronoprogramma Renzi aveva annunciato la riforma per aprile. È stata presentata il 30, ma solo come un elenco di 44 proposte sottoposte a una consultazione pubblica online fino al 30 maggio. Poi, il 13 giugno, il consiglio dei ministri approverà i provvedimenti di legge. Renzi ha detto che sicuramente ci sarà un disegno di legge delega mentre vorrebbe evitare il decreto. Su alcune proposte c’è già un largo consenso, indipendentemente dalla consultazione, e il governo avrebbe potuto provvedere. Per esempio, sull’introduzione del pin, il codice personale col quale sbrigare online tutte le pratiche con gli uffici pubblici, tanto più che lo stesso Renzi ha ammesso che ci vorrà un anno, dal momento dell’approvazione della legge, per darlo a tutti i cittadini.
Ma si poteva senz’altro decidere anche sulla standardizzazione della modulistica; sull’incrocio delle 128 banche dati, che non dialogano tra loro e potrebbero risultare decisive per combattere l’evasione fiscale; sulla messa online di tutte le spese di tutte le amministrazioni; sull’accorpamento di Aci, Pubblico registro automobilistico e Motorizzazione civile; sulla fusione in una delle 5 scuole per i dirigenti; sul censimento di tutti gli enti pubblici. E invece anche per conoscere la sorte di queste proposte bisognerà aspettare il 13 giugno. Quando si vedrà anche che fine avranno fatto le proposte più controverse. Alcune sembrano di difficile realizzazione pratica, visto che nessun governo ci è riuscito: dalla mobilità obbligatoria per i dipendenti alla licenziabilità dei dirigenti, dal demansionamento per evitare di finire tra gli esuberi agli aumenti di retribuzione legati al merito .
Corriere della Sera – 5 maggio 2014