Ogni Biennale si porta appresso qualche artista che esibisce animali e si attira le ire degli animalisti veneziani: questa volta tocca al Padiglione della Macedonia (alla Scuola dei Laneri, in fondamenta del Gaffaro) dove Elpida Hadzi-Vasileva espone SilentioPathologia, che «riflette sul movimento, la migrazione e l’impatto delle pestilenze medievali attraverso l’Europa e considera le preoccupazioni contemporanee sulla malattie migratorie internazionali come il coronavirus», con tanto di bozzoli di bachi da seta, pelli di ratto e tende di lamiera». E quattro ratti veri, in una gabbia.
E qui scatta l’esposto, anche se l’autrice mette a catalogo che le pelli arrivano da industrie di alimenti per animali (serpenti e grandi uccelli) e che i topi provengono da un negozio e sono stati allevati come animali domestici: «Così le persone si confrontano con la verità nuda e cruda e la mercificazione dei prodotti di origine animale». «Abbiamo inviato una segnalazione alle autorità», annuncia invece Cristina Romieri, «per verificare la regolarità dei vari permessi di tale installazione “artistica” che ha provocato in molti, anche con l’intenso odore, disgusto e pena per gli animaletti prigionieri. Ricordando le proteste e gli esposti contro le varie installazioni irrispettose e lesive nei confronti degli animali delle precedenti esposizioni ed eventi collaterali: creatività e arte hanno pieno diritto ad esprimersi, ma nella necessaria considerazione di ogni essere vivente, colombi-chiocciole-carpe-galline-pulcini e anche ratti compresi. Tali esibizioni sono poi altamente diseducative, perpetuando quel rapporto di arrogante e violento dominio del genere umano sulle altre specie animali».
La Nuova Venezia – 6 giugno 2013