Il premier concorda con il Colle: meglio toglierle tutte. Sull’Iva distanze con Tremonti
ROMA – Il mistero durerà ancora qualche giorno. Tre, forse quattro. Poi, domenica o lunedì mattina, dovrebbe essere lo stesso Berlusconi a illustrare alcune proposte di modifica alla manovra. Lo ha annunciato ieri Angelino Alfano, se lo è sentito dire Francesco Nucara, che ha presentato ad Arcore, direttamente al premier, i suggerimenti economici dei Repubblicani.
A Nucara il Cavaliere ha detto che con la Lega l’accordo è in via di definizione, più o meno nelle stesse ore Alfano diceva al partito che la manovra non è il Vangelo, è dunque modificabile. Ma il passaggio successivo, il merito delle modifiche, resta al momento più confuso che mai.
Nelle ultime ore, complice una distanza che appare sempre più netta fra Pdl e Tremonti (al momento i collegamenti e la collaborazione sono vicini allo zero), sembrano tornate in discussione molte cose: il Cavaliere continua a sostenere come necessario un aumento dell’Iva, ma il ministro del Tesoro continua a essere fortemente contrario; lo stesso Berlusconi sembra persuaso a modificare il punto della manovra che riguarda le Province, convinto che si possa fare di più, magari abolendole tutte e non solo 29, ma su questo punto è la Lega a opporsi in modo altrettanto netto.
Sulle Province il governo ha ricevuto suggerimenti e consigli, anche se in modo indiretto, dal Quirinale: agli uffici del presidente della Repubblica una revisione parziale del sistema appare come un intervento da evitare, in grado di introdurre elementi di scarsa omogeneità fra le istituzioni; «o tutto o niente», è il senso delle riflessioni del Colle girate al Cavaliere.
A questo punto delle cose bisognerà vedere quanto peso avranno le convinzioni di Berlusconi (l’abolizione di tutte le Province era nel programma elettorale) nel confronto con la Lega. Sulle pensioni sembra che il no ricevuto da Bossi sia definitivo, sulle Province si è aperta da poche ore una trattativa di cui nessuno al momento è in grado di prevedere l’esito.
Il rischio, per il Pdl come per Berlusconi, è che alla fine la manovra passi con pochissime correzioni: sarebbe un flop per le aspirazioni di Alfano come di mezzo gruppo dirigente del Pdl, che ha bersagliato il decreto di critiche, ma che in queste ore fatica a raggiungere una sintesi costruttiva e concordata con il Tesoro.
Ovviamente non aiuta la situazione geografica: le riunioni del Pdl si svolgono a Roma, Berlusconi sta da Arcore, Tremonti in montagna, dalla quale, racconta un ministro leghista che lo descrive piuttosto contrariato, «non ha alcuna intenzione di scendere».
Ieri Sandro Bondi ha detto che il ministro del Tesoro dovrebbe «spendersi maggiormente» per il miglioramento della manovra, e ha aggiunto che il suo ruolo politico è divenuto «ambiguo se non deleterio». Non tira una bella aria nella maggioranza.
Corriere.it – 25 agosto 2011