dal Corriere delle Alpi, 7 giugno 2018. Quattro casi di encefalite da morso di zecca e 15 casi di malattia di Lyme. Siamo appena all’inizio della stagione caldo-umida in provincia e già si sono raggiunti i numeri dello scorso anno per quanto riguarda le malattie trasmesse da questi acari. Acari ormai diffusi in tutta la provincia fino ad una quota di 1500-1600 metri. «Se una volta c’erano delle zone endemiche per la Tbe, oggi invece la zecca è talmente diffusa ovunque che non possiamo dire dove ci siano maggiori probabilità di prendersi questa pericolosa patologia», ha detto il direttore dell’unità operativa complessa di Prevenzione dell’Usl 1, Fabio Soppelsa.
«La Tbe è considerata un crescente problema di sanità pubblica in Italia, in Europa ed in altre parti del mondo. Le aree endemiche sono in via di espansione, includendo zone ad altezze maggiori. Inoltre, con l’aumento della mobilità e dei viaggi, l’infezione può diffondersi più facilmente», hanno precisato il direttore generale dell’Usl 1, Adriano Rasi Caldogno e quello sanitario, Giovanni Pittoni.
«A livello provinciale da anni abbiamo attivato un monitoraggio delle zecche con l’ex Corpo forestale dello Stato oggi carabinieri, e l’Istituto zooprofilattico delle tre Venezie», ha spiegato Soppelsa. «Raccogliamo campioni a caso di zecche sul territorio e li analizziamo per vedere quali elementi patogeni possono veicolare. Nel 2017 abbiamo operato in otto Comuni (Alpago, Belluno, Ponte, Feltre, Tambre, Lentiai, Limana, Lorenzago), abbiamo eseguito 31 campionamenti e raccolto 85 zecche. Alla fine, una sola era positiva alla borrelia, le altre a patologie minori, mentre nessuna era portatrice di Tbe. Quindi possiamo dice che il serbatoio delle zecche trasferisce diversi agenti patogeni ma il virus non è sempre così localizzato, ma a macchia di leopardo».
È l’Ixodes ricinus ad operare come vettore e come serbatoio di malattie nel periodo tra marzo e ottobre con umidità relativa superiore all’80% e con temperature tra 7 e 25 °C. Con l’aumento delle temperature riemergono e rimangono attive sino all’autunno successivo (tuttavia i cambiamenti climatici caratterizzati da aumento della temperatura possono prolungarne il periodo di attività).
Malattia di Lyme. Negli ultimi 10 anni sono stati registrati in provincia 661 casi, «anche se il fenomeno è sottostimato visto che molti medici di famiglia, ormai abituati a riconoscere la borrelia non la denunciano nemmeno, e attivano subito la terapia antibiotica. Ma inviterei tutti i medici a denunciare comunque i casi visto che siamo centro di riferimento regionale di questa malattia», ha precisato il direttore dell’unità operativa di Malattie infettive del San Martino, Ermenegildo Francavilla. «La borrelia si manifesta nel 90% con un eritema, nel 51% con forme neurologiche e nell’1% con forme artritiche. Ad oggi abbiamo già avuto la segnalazione di 15 casi, contro i 16 dell’intero 2017».
Tbe. Per quanto riguarda la Tbe, sono quattro i casi ad oggi registrati, contro i 12 dell’interno 2017. Di questi soltanto una si è trasformata in encefalite con complicanze neurologiche che sono però rientrate. Gli altri non hanno avuto alcun interessamento del sistema nervoso centrale. «Negli ultimi 10 anni ci sono stati in provincia 123 casi di Tbe. Una malattia che si manifesta con una febbre di pochi giorni, poi dopo un periodo di apparente benessere, ricompare la febbre con nausea e l’encefalite. Noi come centro di riferimento nazionale per la Tbe sappiamo riconoscerla anche nelle sue forme più sfumate», ha precisato Francavilla.
Tre i fattori. «La triade ambiente, animali e uomo è fondamentale nella diffusione di queste patologie: per cui dobbiamo curare il territorio, ridurre o controllare gli animali selvatici e l’uomo deve vaccinarsi per evitare il proliferare di queste patologie», ha concluso Francavilla.