Moreno Gioli. Il coronavirus non molla la presa. Anzi: dopo scuole e Case di riposo, ritorna anche in ospedale. In particolare al «San Martino» del capoluogo, dove l’emersione di alcuni casi positivi tra operatori sanitari nell’ambito dell’area omogenea di assistenza del 3° piano del Blocco Chirurgico ha obbligato l’Usl 1 «Dolomiti» a fermare fino al 25 ottobre (con ripresa lunedì 26) l’attività programmata nelle Unità operative di Chirurgia, Urologia e Nefrologia. Si parla di almeno un infermiere, due operatori socio-sanitari e un medico risultati, nei giorni scorsi, positivi al tampone.
Ma in un’Unità operativa che già deve fare i conti con il personale ridotto all’osso, anche l’assenza di poche persone diventa un problema non di poco conto. Da qui la decisione dell’Usl 1. A Belluno restano garantiti gli interventi di emergenza, mentre l’attività in urgenza sarà dirottata all’ospedale di Feltre, col supporto della Centrale operativa 118.
C’è, purtroppo, da mettere nel conto (che arriva ad un totale di 122 dall’inizio dell’epidemia) anche un’altra vittima. Martedì notte, nel reparto di Pneumologia Covid dell’ospedale del capoluogo, è morto un paziente positivo al coronavirus di 73 anni.
Aumentano anche i ricoveri in Terapia intensiva: ora sono 2, a Belluno, dove ci sono anche 26 pazienti in area non critica. Sono 10 invece i ricoveri a Feltre.
Intanto sono emersi 33 nuovi casi positivi nelle ultime 24 ore. Di questi, undici sono riferiti alle Case di riposo di Cortina, Pieve di Cadore e Ponte nelle Alpi, dieci ai comuni del Comelico-Cadore-Ampezzano, sede — in questo momento — del maggior focolaio in provincia. E gli altri, spiega l’Usl, relativi «a singoli contesti in ambito provinciale, senza evidenza di particolari aggregazioni». In prevalenza sono persone già in isolamento.
Intanto reazioni allo studio realizzato dalla Fondazione «Isi» di Torino, rilanciato anche sui media nazionali, che cataloga Belluno come la provincia dov’è attualmente più probabile entrare in contatto con un soggetto positivo. Lo studio (basato sui dati ministeriale elaborati dalla Protezione Civile), spiega Fondazione Isi, «non è una stima della probabilità di contrarre l’infezione, il contagio è determinato da molteplici condizioni, ma fornisce la percentuale di possibilità di trovarsi a un evento in cui sono presenti altri contagiati. Uno strumento utile per chi intende organizzare un evento».
Tuttavia Confartigianato Belluno non ci sta. «Il Bellunese non è zona rossa — commenta il presidente Claudia Scarzanella — La nostra montagna continuerà a essere un territorio sicuro, com’è stato finora. Pronto alla prossima stagione invernale e ai Mondiali di sci alpino Cortina 2021».
Continua Scarzanella: «Le affermazioni semplicistiche che escono da questo report individuano la provincia di Belluno come una delle più contagiose d’Italia. Lo studio, in teoria, dice invece che se si raggruppassero cento bellunesi in un luogo chiuso, ci sarebbe il 72% di possibilità che almeno uno sia positivo. Si tratta di un dato teorico, di un calcolo probabilistico. Bene sottolinearlo, altrimenti viene data un’immagine distorta del nostro territorio, in un periodo non facile per le imprese. I primi a rispettare le regole siamo noi, tra sanificazioni costanti, utilizzo dei Dpi (Dispositivi di protezione individuale, Ndr ) e distanziamento sociale. Ma non possiamo tacere il nostro disappunto di fronte a queste pubblicità che gettano discredito sull’intero territorio che si sta preparando a una stagione invernale incerta».
Corriere del Veneto