Sono poco meno di 25 mila i cervi e i camosci presenti nel Bellunese. E fra questi quelli abbattibili sono poco più di 5 mila. Sono questi i numeri in mano alla Provincia di Belluno che ha redatto il censimento sulla popolazione faunistica congiuntamente con le Rac (Riserve alpine di caccia) presenti. Gli ultimi censimenti effettuati rilevano dunque una popolazione di 12.120 cervi (3.467 quelli abbattibili, secondo il piano di prelievo), 12.511 caprioli (1.814 abbattibili), 7.435 camosci, 1.300 mufloni, oltre 4.000 lepri e 1.274 fagiani di monte (galli forcelli). Una fotografia molto vicina a quella scattata un anno fa quando la popolazione di caprioli era di poco più di 13mila caprioli e 12.265 cervi, mentre il piano di prelievo prevedeva l’abbattimento di 1.796 caprioli e di 3.312 cervi.
Una collaborazione, quella tra Provincia e Riserve alpine di caccia, che appare sempre più intensa. E l’importanza del lavoro di squadra è stata ribadita nei giorni scorsi nel corso di un incontro che si è tenuto a Villa Patt di Sedico a cui hanno partecipato presidenti e delegati di tutte le Riserve bellunesi. La riunione è stata anche l’occasione per fare il punto sulla stagione venatoria appena conclusa, oltre che per un aggiornamento sul lupo con il professor Marco Apollonio, docente di medicina veterinaria all’Università di Sassari e tra i maggiori esperti del tema, che sta seguendo un monitoraggio sull’interazione camoscio-lupo sul Monte Grappa. Un argomento affrontato già da tempo sulla base di un’ipotesi di studio che sembrerebbe trovare riscontro negli approfondimenti fatti sin qui. Il progetto del Monte Grappa pare confermi che il bosco, presente in gran parte del massiccio del Grappa, sia in grado di rappresentare un’area rifugio per i camosci, soprattutto nella funzione di attenuare l’effetto dell’aumento della temperatura. Il progetto di studio è finanziato dal Pnrr e fa capo al Centro nazionale per la biodiversità, guidato dal Cnr. Esso si prefigge di osservare come i camosci stiano cambiando le loro abitudini in base all’aumento della temperatura e anche alla presenza del lupo, tornato in pianta stabile sul Monte Grappa.
Gli studi recenti sul camoscio rivelano infatti che per effetto del cambiamento climatico le popolazioni alpine sono in diminuzione, con esemplari giovani per lo più deboli. Tuttavia, alcune popolazioni di bassa quota sembrano rivelare una resistenza e uno stato di salute maggiore. Ed è qui che si inseriscono le considerazioni sulle condizioni più favorevoli che il camoscio avrebbe trovato sul Grappa. A raccontarlo sono gli stessi camosci individuati, sedati e successivamente dotati di radiocollare, prima di essere rilasciati nel loro ambiente naturale.
Un argomento di cui si parlerà anche ad Agrimont, fiera che si aprirà a Longarone sabato prossimo, un appuntamento a cui non mancheranno i rappresentanti delle Riserve di caccia. Sul cui ruolo e importanza il presidente della provincia Roberto Padrin dice: «Le Riserve alpine di caccia rappresentano uno strumento imprescindibile di gestione del territorio e insieme un aiuto fondamentale per i nostri tecnici. L’attività portata avanti dai cacciatori per i censimenti faunistici degli ungulati e per il piano di controllo del cinghiale è molto importante e senza il contributo delle Riserve sarebbe impossibile da svolgere». Le Rac infatti si occupano di censire insieme ai tecnici della Provincia e alla Polizia Provinciale le popolazioni di ungulati: in particolare intervengono per la raccolta dati, con diverse uscite sul territorio insieme alle guardie di Palazzo Piloni. E poi monitorano i piani di abbattimento e comunicano prontamente i numeri alla Provincia.