Michele Bocci, Repubblica. I nuovi casi giornalieri cresceranno per almeno altre 4 settimane. E se non si interverrà rapidamente l’incremento durerà ancora di più. Il perché lo spiega Roberto Battiston, professore di fisica all’Università di Trento che da mesi studia l’andamento dell’epidemia.
I casi aumentano, cosa sta succedendo?
«Qualcosa di simile a quanto avvenuto a ottobre, quando all’improvviso l’Rt ha iniziato a crescere, passando in 3 settimane e mezzo da 1,15 a 1,85. Allora però allora avevamo una serie di frecce al nostro arco per piegare la curva e riportarla a valori accettabili, cosa avvenuta ai primi di dicembre».
E adesso?
«Stiamo già usando tutti gli strumenti a disposizione: mascherine, distanziamento, vaccini, immunità di gregge di chi si è già ammalato. Però abbiamo di fronte le varianti, molto più aggressive del virus ordinario, che stanno diventando le forme più diffuse».
Quali sono le province più in difficoltà?
«Quelle in condizioni più gravi sono una ventina, altrettante stanno peggiorando. Nel primo gruppo ci sono Pescara, Chieti, Matera, Salerno, Imperia, Bergamo, Brescia, Ancona, Ascoli, Campobasso, Monza, Trento e buona parte della Toscana. Tra le zone che peggiorano ci sono il comune di Napoli, il Piemonte, alcune province del Friuli, Frosinone, e province lombarde come Como e Cremona. Va sottolineato che tre settimane fa in condizioni critiche c’erano solo la provincia di Perugia e quella di Bolzano».
In buona parte delle province da lei citate sono già stati presi provvedimenti. Ci sono risultati?
«Proprio Perugia e Bolzano hanno avuto le chiusure e in tre settimane l’Rt provinciale è tornato sotto 1. Se si combatte il virus con le misure di mitigazione i risultati si ottengono.
Ma bisogna essere rapidi».
Per quanto tempo cresceranno i nuovi casi giornalieri?
«Visti i tempi di intervento e reazione, per almeno 4 settimane il numero dei nuovi positivi continuerà a crescere. Ma dobbiamo agire subito per osservare gli effetti sull’Rt in 1-2 settimane. Se ritardiamo le azioni di contenimento ci fermeremo solo quando il sistema sanitario non reggerà più l’urto. Rischiamo di trovarci presto in una situazione molto peggiore di ottobre».
Come mai?
«A settembre l’Rt cominciava a salire ma avevamo 50 mila infetti, adesso sono 400 mila. Queste persone sono la benzina che può moltiplicare il fenomeno di contagio. Il fiammifero è l’Rt: se supera 1, come avviene in tante zone, l’epidemia ha un serbatoio di carburante enorme».
Cosa bisognerebbe fare?
«Occorrono delle restrizioni dure, lockdown, ma va trovato un percorso meno impattante. Invece di chiudere tutto per un tempo lungo, magari decidendo tra una settimana, sarebbe meglio scegliere interventi pesanti ma rapidi e in zone limitate, come si è incominciato a fare in alcune regioni. In Toscana, che ha un indice intorno a 1,2 -1,3 in quasi tutte le province, bisognerebbe intervenire subito, in novembre ha funzionato benissimo».
Lei valuta l’Rt quasi in tempo reale, la Cabina di regia guarda a quello di un paio di settimane prima. In quel modo gli interventi non rischiano di essere poco tempestivi?
«C’è un grande dibattito su come calcolare l’Rt. L’Istituto superiore di sanità ha un flusso di dati più dettagliati, che però producono il risultato con almeno 10 giorni di ritardo. Sono troppi, soprattutto ora.
E infatti le Regioni stanno intervenendo da sole».