La cifra nell’ultimo report del Cabinet Office del governo Cameron “sui grandi rischi”. Secondo gli esperti inglesi la resistenza agli antibiotici, se non si troveranno soluzioni o farmaci alternativi, potrebbe causare problemi seri ad oltre 200mila cittadini. E di queste 80mila moriranno
È emergenza nel Regno Unito, ma non solo, per la diffusione di infezioni causate dai cosiddetti «batteri resistenti agli antibiotici» (Amr o Antimicrobial Resistance Infection) che potrebbero causare, in caso di una “epidemia”, fino a 200.000 casi di pazienti contagiati e 80.000 vittime.
È quanto prevede il governo britannico in un rapporto pubblicato lo scorso mese e i cui contenuti sono apparsi ieri sul Guardian, che lancia nuovamente l’allarme sulla necessità di sviluppare nuovi antibiotici perché, in caso contrario, anche operazioni di routine potrebbero diventare procedure ad altissimo rischio. Non solo. Il rischio di nuove infezioni da batteri antibiotico-resistenti è «destinato ad aumentare significativamente nel corso dei prossimi 20 anni».
Queste avvertenze sono contenute nel “National Risk Register of Civil Emergencies”. Esso fornisce indicazioni su potenziali minacce come terrorismo, malattie e catastrofi naturali. «Gran parte della medicina moderna (per esempio, trapianto di organi, chirurgia intestinale e alcuni trattamenti tumorali) può diventare molto pericolosa a causa del rischio di infezione le stesse influenze diventerebbero più gravi senza trattamenti efficaci».
Gli esperti, i politici e gli scienziati hanno già sottolineato la necessità di trovare una cura per le infezioni che sono diventati resistenti con lo stesso David Cameron che aveva parlato di «minaccia reale e preoccupante» che potrebbe riportare la medicina «indietro nel Medioevo». Una nuova ondata di “superbatteri” costituisce «una minaccia terribile», dice un portavoce del dipartimento della Salute: «Il mondo non può permettersi di non prendere provvedimenti per affrontare l’allarmante aumento della resistenza agli antibiotici e altri farmaci antimicrobici cui stiamo assistendo in questo momento».
La Stampa – 6 aprile 2015