Arriva la ripresa. E’ ancora tenue, incerta, ma c’è. Si fermerà, però, se «si diffondesse la percezione» che il governo è meno determinato a fare le riforme. La Banca d’Italia comincia a vedere roseo. Così, a sei mesi dall’ultimo Bollettino economico, gli esperti del governatore Visco alzano le stime per il Pil di quest’anno allo 0,7% con un balzo fino all’1,5 nel 2016, più di quel che prevede il governo.
E, soprattutto, spiegano che il passo avanti lungo il terreno dello sviluppo è legato ad una ripresa degli investimenti, una «voce» che dal 2008 si era invece ridotta quasi ininterrottamente, pur restando a fine 2016 in rapporto al Pil ancora inferiore alla media storica. La ripresa si ripercuote positivamente anche sull’occupazione con un miglioramento di 1,5 punti nel bienno. Nel 2016 il tasso di disoccupazione, sempre ragguardevole, scenderà tuttavia sotto il 12%.
L’economia italiana torna dunque ad espandersi, in un contesto europeo che segue un analogo percorso. Il consueto, periodico sondaggio condotto dalla Bce con esperti esterni colloca il Pil di quest’anno per Eurolandia a quota 1,4%, a all’1,8 nel 2016. Scende anche il tasso di disoccupazione europeo (11% nel 2015 e 10,5 nel 2016). E, non ultimo, vengono rialzate le stime dell’inflazione: 0,2 quest’anno, 1,3 il prossimo.
Italia fuori dal tunnel, perciò. O quantomeno, con un piede dentro l’agognata ripresa. Gli esperti di Visco elencano una serie di piccoli-grandi segnali positivi. Migliorano per esempio gli indici di fiducia di imprese e famiglie; ci sono gli investimenti che riaffacciano la testa anche nel comparto delle costruzioni e dei mezzi di trasporto; non mancano i segni più in diversi indicatori congiunturali; tornano a crescere dopo tre anni i prestiti alle famiglie; l’inflazione ridiventa positiva. Anche l’Expo, al dunque, fa da traino. Il sostegno alla dinamica del prodotto è derivato pure dalla domanda nazionale, sospinta per 0,5 punti percentuali dall’attenuazione del decumulo di scorte. Sul terreno delicatissimo della disoccupazione – una vera piaga per il paese- è aumentata la quota di assunzioni a tempo indeterminato incentivate dalle misure del governo; in primavera si è ridotto il ricorso alla cassa integrazione; cresce la percentuale di imprese che prevede un’espansione dell’occupazione. Le misure di riduzione del cuneo fiscale introdotto dalla legge di stabilità sostengono l’occupazione per lo 0,2%. Ulteriori impulsi, al momento difficili da quantificare, arriverebbero dal Jobs Act.
Tutto bene, allora? Sì, se prosegue il quantitative easing, che ha anche rafforzato l’interesse degli stranieri per i titoli italiani ; se il prezzo del petrolio resta dov’è e se non ci sono scossoni esterni, come è stata per esempio la vicenda greca. Ma i rischi all’orizzonte sono ancora tantissimi. Guai se le economie emergenti frenassero più del previsto. O se la normalizzazione della politica monetaria Usa si accompagnasse a nuove turbolenze dei cambi. Ma soprattutto, guai se si fermassero le riforme interne «necessarie a risollevare il potenziale di sviluppo» dell’Italia.
Repubblica – 18 luglio 2015