La crisi ha colpito duramente le famiglie italiane. I redditi sono diminuiti, la soglia di povertà assoluta si è abbassata e per la prima volta dopo anni l’indice di concentrazione della ricchezza si è spostato accentuando la diseguaglianza.
«Il 10% delle famiglie più ricche deteneva nel 2012 il 46,7% della ricchezza, dal 44,3% del 2008» ha detto ieri in un intervento alla Adam Smith Society, il vicedirettore generale della Banca d’Italia, Fabio Panetta, mettendo in luce le cifre emerse dall’indagine biennale sui bilanci delle famiglie italiane diffusa ieri. «I costi economici e sociali delle due recessioni che in un breve arco temporale hanno colpito l’Italia sono ingenti. Le conseguenze della crisi ricadono soprattutto sui giovani, le cui prospettive si sono offuscate rispetto alle generazioni passate» ha aggiunto Panetta rilevando come peraltro l’economia italiana si stia avviando, seppure con lentezza, a una «svolta ciclica».
Intanto però gli italiani sono diventati nella maggioranza più poveri. Secondo l’indagine Bankitalia — condotta nel primo semestre dello scorso anno ma relativa al 2012 — il reddito familiare medio è risultato pari a 30.380 euro netti: 2.500 euro al mese. Quello mediano è però inferiore: 24.590 euro, pari a 2 mila euro netti al mese. Questo vuole dire che metà delle famiglie vive con meno di tale cifra e il 20% con circa 1.200 euro al mese. Gli esperti della Banca d’Italia osservano però che per misurare il grado di benessere degli individui è meglio prendere in considerazione un altro parametro, il reddito equivalente, che valuta anche la composizione del nucleo familiare. Emerge così che il reddito equivalente medio procapite è risultato nel 2012 pari a 17.800 euro, cioè 1.500 euro al mese, con lavoratori stranieri, operai e residenti al Sud per lo più sotto tale soglia; imprenditori e dirigenti nettamente al di sopra e impiegati, autonomi e pensionati in posizione intermedia. Per fare qualche esempio, il reddito equivalente di due adulti che vivono con 2 mila euro al mese è di 1.333 euro che scendono a 1.111 se arriva un bimbo.
La ricchezza familiare netta, costituita da immobili, oggetti di valore, investimenti in titoli o in azioni o depositi nel 2012 presentava un valore mediano di 143.300 euro, calato in due anni del 12,7% per la riduzione del valore delle case. Ebbene, reddito familiare medio, reddito equivalente procapite, ricchezza media sono tutti diminuiti dal 2010 al 2012 e non di poco. Il primo è calato del 7,3%, il secondo del 6% e la terza del 6,9%. Tra il 2010 e il 2012 il deterioramento delle condizioni economiche è stato più accentuato per i lavoratori autonomi rispetto ai dipendenti che però, diversamente dai primi, hanno visto diminuire costantemente il proprio reddito, rispetto alla media, negli ultimi vent’anni anche se a risentirne sono ora i più giovani rispetto ai più anziani.
E veniamo alla povertà. Nel 2012 le persone disagiate (con un reddito equivalente inferiore alla metà del mediano) erano il 14,1%, più o meno come nel 2010. Se però si guarda alla soglia presa in considerazione in quest’ultimo anno, i poveri sono aumentati nel biennio al 16,1%. Nel 2012 risultava povera una persona con un reddito netto inferiore a 7.678 euro all’anno, contro gli 8.260 euro annui del 2010, o una famiglia di tre persone adulte con un reddito complessivo di 15.356 euro.
Cresce, in questo caso di poco, la vulnerabilità delle famiglie ma solo perché ad indebitarsi maggiormente — e per un ammontare medio di poco superiore ai 51 mila euro — sono quelle con più reddito che quindi riescono a rimborsare i prestiti ricevuti. Così i nuclei in difficoltà — cioè quelli con una rata di rimborso superiore al 30% del reddito, che è inferiore al mediano — rappresentano il 2,6% circa delle famiglie indebitate.
La crisi crea disuguaglianza ma le produce anche l’evasione fiscale, come ieri ha messo in luce uno studio del Lef(Associazione per la legalità e l’equità fiscale) rilevando come sugli oltre dieci miliardi di euro distribuiti ogni anno con l’Isee (indicatore della situazione economica equivalente), il 20%, cioè 2 miliardi, vada a famiglie che, grazie all’evasione, scavalcano nelle graduatorie i contribuenti corretti usufruendo di vantaggi non dovuti.
Stefania Tamburello – Corriere della Sera – 28 gennaio 2014