Roberto Giovannini. La rassicurazione (l’ennesima) di Matteo Renzi ha un sapore strano: è dal lontano gennaio che il governo ha promesso che i risparmiatori bidonati nell salvataggio delle quattro banche sarebbero stati rimborsati. Ieri, nel corso di un’intervista su Canale 5, il premier ha ripetuto ancora una volta che «chi è stato truffato avrà i soldi fino all’ultimo centesimo».
Eppure il decreto ministeriale sugli indennizzi – e il successivo decreto della presidenza del Consiglio – ancora non arriva a vedere la luce. A sentire gli addetti ai lavori i passaggi di verifica tecnica sul testo sono già stati tutti completati. Ma il testo si è arenato proprio a Palazzo Chigi, in attesa di quella che il viceministro dell’Economia, Enrico Zanetti, ieri ha definito «una scelta politica». Ovvero, decidere i criteri per separare i «truffati» da chi voleva «speculare», e non merita un rimborso.
Secondo il segretario di Scelta Civica, intervistato da Lucia Annunziata su Rai3, l’attesa dura da ormai due settimane. Dunque, «non si comprende» perché il decreto non venga ancora emanato. Su questo come sulla Commissione parlamentare d’inchiesta sui controlli e la vigilanza, «bisogna accelerare, perché solo verificando in profondità si può accertare la verità e restituire fiducia ai cittadini», afferma il viceministro all’Economia.
Fatto sta che nonostante le promesse del governo di fare presto – formulate sull’onda della protesta e dello slancio emotivo scatenato dal suicidio del pensionato di Civitavecchia all’indomani della risoluzione di CariFerrara, Banca Etruria, Banca Marche e CariChieti – il provvedimento ancora latita. La scadenza fissata dalla legge di stabilità per l’emanazione dei due decreti è prevista per fine marzo, ma i due decreti sono appunto consequenziali l’uno all’altro. E perché il provvedimento ministeriale possa essere effettivo serve comunque un parere preventivo del Consiglio di Stato.
Due sarebbero i nodi da sciogliere. Uno è chiaramente secondario: bisogna definire i requisiti per poter essere nominati arbitri delle Camere arbitrali istituite presso l’Autorità anticorruzione. Ma la vera patata bollente starebbe nell’individuazione dei criteri della «non adeguata informazione» dei risparmiatori. È chiaro che comunque questi criteri siano definiti, ci sarà sempre chi avrà ragione di protestare per essere stato tagliato fuori e definito «speculatore». Il clima politico e nei rapporti tra banche e risparmiatori è già rovente, il governo è nel mirino: addirittura si potrebbe finire per lasciare tutto alla discrezionalità degli arbitri. Che deciderebbero dunque caso per caso.
Renzi comunque ha detto che un conto è chi non sapeva ed è stato truffato, un altro chi invece ha speculato, scegliendo consapevolmente un investimento «al 7% quando sul conto corrente prendeva l’1%». Il premier ha spiegato che il sistema bancario italiano «è un sistema solido», ma che deve cambiare ancora moltissimo. «L’Italia – ha detto – è il Paese con più banchieri e banche di tutti, ma con le nuove regole europee bisogna stringere, metterle insieme». Se a questo si somma anche il balzo tecnologico dell’home banking è inevitabile che «in futuro ci sarà una riduzione del numero di persone che lavora in banca e delle filiali». Tra dieci anni insomma «non sentirete più dire dalla mamma e dalla zia, vai a lavorare in banca che ti metti a posto».
La Stampa – 7 marzo 2016