È vero, l’Emilia Romagna ha rotto gli indugi reintroducendo per prima in Italia l’obbligo di vaccinarsi per poter frequentare il Nido, obbligo decaduto nel 1999. Ma ha solo battuto sul tempo il Veneto, da mesi al lavoro su una delibera che venerdì l’assessore alla Sanità, Luca Coletto, potrebbe presentare in giunta, e che il 19 ottobre scorso era stata annunciata in commissione Sanità dalla dottoressa Francesca Russo, direttore dell’Unità regionale di Prevenzione.
Il provvedimento impone l’obbligo di certificato vaccinale per poter iscrivere i bambini agli asili pubblici e privati convenzionati (i secondi sono la maggioranza) del Veneto. E prevede che siano i sindaci a far rispettare il diktat, chiedendo per iscritto a Nido e materne di segnalare i piccoli non immunizzati: i loro nomi verranno inviati alle Usl di riferimento, chiamate a rifiutarne la frequenza. A meno che le loro condizioni di salute siano incompatibili con la vaccinazione, secondo le linee guida approvate dalla comunità scientifica.
La seconda parte della delibera contempla l’accordo tra Regione, Ordini dei Medici e Collegi degli infermieri, cui si chiede di sanzionare «pesantemente» gli operatori sanitari del servizio pubblico colpevoli di fare «controinformazione», cioè di sconsigliare le vaccinazioni. E poi c’è il capitolo, fondamentale, che riguarda la massiccia campagna di informazione da lanciare sui social network, a partire da Facebook. «Dobbiamo battere gli anti vaccinisti sul loro stesso terreno, cioè il web – spiega Fabrizio Boron, presidente della commissione Sanità -. Un mezzo potente, se è vero che finora è passato solo il messaggio di fantomatiche correlazioni tra i vaccini e l’autismo o altre patologie mai scientificamente provate, ma non è mai stato posto l’accento sui rischi corsi da chi non si protegge contro malattie gravissime. Il cambio di rotta in termini di informazione ai genitori ha consentito al Veneto in pochi anni di far risalire la copertura vaccinale dall’89% all’attuale 91,5% e andando avanti così le nostre proiezioni ci garantiscono il traguardo del 93%-94%». Che non è ancora il 95% raccomandato dall’Organizzazione mondiale di Sanità nè il 98% registrato nel 2008, quando la Regione sospese l’obbligo vaccinale «generalizzato», ma non è nemmeno l’85% di soglia di allarme cui si stanno pericolosamente avvicinando Bassano e Vicenza, arrivati all’86%.
Parliamo delle quattro vaccinazioni ex obbligatorie, cioè antipolio, antidifterica, antitetanica e antiepatite B, oggi però non più somministrabili separatamente ma in un’unica soluzione esavalente, comprensiva anche di antipertosse e anti Haemophilus Influenzae di tipo B. E poi ce ne sono altre dieci raccomandate e altrettanto importanti, come l’antimorbillo e le formulazioni contro vari tipi di meningite. «La decisione di reintrodurre l’obbligo vaccinale a scuola è giusta e coraggiosa, i tempi sono maturi affinché le altre Regioni seguano questo esempio – ha dichiarato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin – Nel 1999 si abolì tale imposizione poiché ormai in Italia si era raggiunta una copertura tale da rendere inimmaginabile la nascita dei movimenti del no, portatori di motivazioni non scientifiche e che avrebbero rappresentato un pericolo per tutta la popolazione». «Motivo in più perché sia il ministero a reintrodurre l’obbligo vaccinale per l’iscrizione a scuola in tutto il Paese – riflette il professor Giorgio Palù, presidente delle Società europea e italiana di Virologia – Oggi ogni Regione va per conto suo, ha un proprio calendario vaccinale e un proprio centro acquisti dei sieri e solo la metà conta su un’Anagrafe vaccinale unica. Non ha senso, le infezioni girano. È giusto che i bambini siano immunizzati se frequentano l’asilo, per proteggere se stessi e i piccoli che per motivi di salute non possono usufruire di tale forma di prevenzione. È la famosa immunità di gregge, oggi a rischio».
Michela Nicolussi Moro – Il Corriere del Veneto – 24 novembre 2016