Quando ralllenta la crescita, è indispensabile fare dell’appropriatezza il faro che illumina tutta la materia della sanità, evitando un venir meno della fiducia nella qualità dei servizi
Pubblichiamo ampi stralci dell’editoriale del ministro della Salute Renato Balduzzi, appena pubblicato sull’ultimo numero della rivsta dell’Agenas, Monitor.
È fuori di ogni dubbio che il nostro dettato costituzionale attribuisca una centralità e una forza speciale al diritto alla salute, laddove, nell’articolo 32, viene espressamente riconosciuto come diritto fondamentale dell’individuo e interesse della collettività, ed è opportuno sottolineare che si tratta dell’unico diritto che viene definito come tale in tutto il dettato costituzionale, a conferma del realismo, oltre che della saggezza, del nostro costituente, ben consapevole dell’importanza del bene salute nella vita personale e collettiva.
La legge n. 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, i decreti di riforma del 1992 e del 1993 e la riforma attuata con il d.lgs n. 229 del 1999 (da leggersi in controluce con il nuovo assetto costituzionale determinato dalla revisione costituzionale del 2001), rappresentano, visti nel loro complesso, un percorso articolato, ricco di modifiche e arricchimenti, volto a definire sempre meglio ciò che era stato sancito nel dettato costituzionale.
Il nostro Servizio sanitario “garantisce la tutela del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività, nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana” e, senza dubbio, si può ravvisare proprio nel rispetto di questi principi la sua bontà di fondo.
Ma, nonostante queste ottime premesse, come tutte le macchine che marciano da tanto tempo a pieno regime, il sistema sanitario necessita di opportuni interventi di manutenzione.
Questi interventi saranno al centro del rinnovo del Patto per la salute, dove si potrà sperimentare ancora una volta l’intesa e l’accordo di leale collaborazione fra il Governo e le Regioni su come tenere insieme un buon servizio sanitario (che eroghi prestazioni di qualità) con il problema delle risorse.
Essenziale in proposito è il ruolo del criterio di appropriatezza: è dimostrato che la stessa prestazione, effettuata con una modalità di erogazione più appropriata (penso, ad esempio, al regime di day hospital piuttosto che a quello di ricovero), determina non solo un miglior risultato e minori rischi, ma anche una maggiore efficienza organizzativa e un minore costo.
In un momento in cui siamo in presenza di un temuto rallentamento della crescita, è indispensabile fare dell’appropriatezza il faro che illumina tutta la materia, evitando che il contenimento della spesa comporti un venir meno della fiducia nella qualità dei servizi. Altrimenti, si ridurrebbe il grado di soddisfazione del cittadino in modo considerevole, come accade in presenza di un razionamento delle prestazioni, dell’allungamento dei tempi di attesa o di un’eccessiva compartecipazione alla spesa.
In quest’ottica, è importante l’attuazione del federalismo fiscale, portando a compimento il processo di federalismo sanitario, per fare in modo di assicurare un equilibrio tra le prestazioni e i costi.
Per inciso, occorre ricordare che l’attuazione del federalismo fiscale in materia sanitaria si colloca nell’ambito dell’articolo 119 della Costituzione, ed, emblematicamente, l’articolo 19-ter del decreto legislativo n. 229 del 1999 già delineava, in un contesto riformatore, l’idea di federalismo sanitario.
Anche per quanto concerne, poi, i Piani di riqualificazione e di rientro, previsti per le Regioni che si trovano in condizione di deficit sanitario, occorre garantire un sempre maggiore equilibrio tra profilo economico finanziario e qualità dei servizi.
Si tratta, in sostanza, di adempiere ad un impegno che le Regioni si sono assunte, in una forma nuova di governo condiviso della sanità.
È fondamentale, inoltre, migliorare le regole ed il rapporto che esiste tra valutazione politica e vertici sanitari: una costante manutenzione del sistema prevede, fra l’altro, di operare – in accordo con le competenti Commissioni parlamentari – per l’individuazione di regole trasparenti e chiare per una corretta relazione tra professionista sanitario e paziente, in particolare sui temi dell’alleanza terapeutica e della giustizia riparativa.
Rivedere le regole significa anche lavorare per una maggiore trasparenza delle nomine politiche perché, se è vero che in sanità, probabilmente, alcune nomine di ispirazione politica non possono essere evitate, esse devono, tuttavia, essere più trasparenti e rispondere a requisiti più precisi.
Un discorso a parte merita il percorso di aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza, i Lea, che ormai da diverso tempo sono oggetto di revisione. Anche in questo caso, si tratta di ricorrere ad un intervento di manutenzione, portando a termine il completamento dei cosiddetti nuovi Lea: essi consentiranno di assicurare una risposta coerente ai bisogni sanitari in un regime di equilibrio finanziario e di risorse che sono già state ridotte.
Ciò vuol dire che, inevitabilmente, alcuni livelli diventati costosi e obsoleti si perderanno, ma, nello stesso tempo, se ne acquisteranno di nuovi, evitando che per ogni nuovo bisogno si intervenga episodicamente, ma operando all’interno di un ragionamento complessivo che alla fine consenta il soddisfacimento del bisogno e l’equilibrio dei conti.
In questo quadro, dovranno certamente entrare a far parte dei nuovi LEA altre malattie rare, la disabilità, le nuove emergenze che si sono manifestate in sanità in questi ultimi anni.
Nel compiere questa operazione sarà inevitabile che qualcosa debba essere ripensato, senza ridurre le garanzie ma, appunto, salvaguardando l’appropriatezza.
Renato Balduzzi
Ministro della Salute
da Monitor n. 29/2012