Ha dovuto arrendersi e riportarlo in commissione Sanità, che presiede. Ieri Leonardo Padrin (Pdl) si è visto «bocciare» dal consiglio regionale il progetto di legge che prevede di riservare ai veneti le borse di studio pagate dalla Regione in aggiunta a quelle erogate dal ministero per la specializzazione dei medici e l’obbligo per chi le ottiene di prestare servizio in Veneto per almeno due anni, altrimenti dovrà pagare una penale.
«A malincuore», di fronte alla levata di scudi dell’opposizione e alle perplessità di alcuni esponenti della Lega di fronte a questa singolare interpretazione del «prima i veneti» Padrin, relatore della legge, ha chiesto il rinvio in commissione per approfondirne gli aspetti più controversi. La norma intende far sì che i fondi regionali investiti nella formazione di nuovi medici (circa 250 mila euro per ogni specialista) avessero una ricaduta diretta a beneficio dei veneti. «Ogni anno — ha spiegato il presidente della V commissione — la Regione stanzia 9 milioni del fondo sanitario per pagare borse di studio relative a 72 posti aggiuntivi della durata di 5 o 6 anni ai medici specializzandi, integrando così il ridotto numero di borse corrisposte da Roma. Al fabbisogno annuale regionale di contratti di formazione specialistica nelle due Università di Padova e Verona mancano infatti almeno 200 posti».
Vivaci critiche hanno espresso Pd, Idv e Verso Nord. Per Antonino Pipitone (Italia dei Valori), relatore di minoranza, il principio sotteso alla legge di voler privilegiare «specialisti veneti a casa nostra» appare «inopportuno e pericoloso», per Roberto Fasoli del Pd «forse è addirittura incostituzionale, limitare la carriera professionale dei nuovi medici specializzatisi in Veneto con un vincolo biennale di questo tipo». Pur condividendo la «ratio» della norma e l’esigenza di garantire medici alla sanità veneta, in particolare agli ospedali periferici, anche Sergio Reolon del Pd ha manifestato dubbi sulla legittimità della «corsia preferenziale» e sul vincolo di permanenza biennale post-laurea specialistica. «Più che di una norma che pone un vincolo — ha suggerito Giuseppe Bortolussi — ci sarebbe bisogno di attirare bravi medici specialisti con incentivi e agevolazioni, in modo da favorire i migliori».
Unica voce a favore quella di Dario Bond, capogruppo del Pdl, che ha definito il provvedimento una «questione di giustizia» e un «investimento lungimirante» per coprire la carenza di medici.
Corriere del Veneto – 4 ottobre 2012