E’ salito a 27 il conto delle vittime dell’influenza H7N9 in Cina. Lo hanno affermato le autorita’ sanitarie cinesi, che hanno registrato la morte di un uomo di 55 anni nelle regioni centrali del paese. L’ultima vittima, riferisce l’agenzia Xinhua, viveva nella provincia di Hunan, da cui viene anche l’ultimo dei 127 infettati confermati. L’uomo era un venditore ambulante di carne di maiale, e la diagnosi era stata fatta il 26 aprile. Recentemente l’Oms ha definito il virus ‘uno dei piu’ letali’ del suo genere. Le autorità sanitarie continuano a negare che ci siano prove del contagio da uomo a uomo, ma la possibilità che possa mutare e diventare trasmissibile in qualsiasi momento è reale e presa in seria considerazione dai virologi internazionali.
Nella provincia dello Shandong un bambino di 4 anni ha contratto il virus dopo che anche il padre era stato infettato. Secondo la stampa locale il padre, 36 anni, non aveva avuto alcun contatto diretto con pollame, ma la famiglia vive vicino a un mercato in cui si vende pollame vivo. E mentre negli Usa e in Cina c’è già chi lavora a un vaccino, è stato segnalato il primo caso di contagio al di fuori della Cina continentale, a Taiwan. POLLAME – Il virus H7N9 è stato individuato per la prima volta nella forma attuale in marzo, ma in realtà sta circolando da molto tempo e ha legami di parentale con due virus circolati in Europa: l’H7N7 (2003, Olanda) e l’H7N1 (1999-2000, Italia). Uno studio pubblicato dalla rivista Lancet conferma che sono i polli a trasmettere all’uomo l’influenza del tipo H7N9 e secondo un report sui primi 82 casi di contagio, pubblicato online sul Nejm, la mortalità del virus è alta, pari al 21%. «I casi sono in costante aumento, ma non si è registrata al momento la diffusione dilagante tipica di un virus capace di un’efficiente trasmissione interumana – conferma Massimo Galli, professore di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Milano e direttore della Terza Divisione di Malattie Infettive all’ospedale Luigi Sacco -. Tra i punti da chiarire il fatto che il 20% dei malati non avrebbe avuto alcun contatto con pollame e non si capisce quindi come si sia infettato. Si ha notizia di tre possibili trasmissioni intrafamiliari, ancora in corso di definizione. Quantunque quindi non si possano escludere passaggi interumani, l’efficienza di questa via rimarrebbe molto scarsa. Delle 1.251 persone venute a contatto con i pazienti che sono state seguite per almeno sette giorni dopo l’esposizione, nessuna ha infatti manifestato segni clinici o di laboratorio della malattia. Non è inoltre chiaro se esista una specie serbatoio e quale essa sia. Solo pochi animali di specie diverse sono stati trovati infettati, il che complica la ricerca e il contenimento delle fonti di contagio, unitamente al fatto che questo virus non risulta patogeno per gli uccelli in cui è stato isolato ed è quindi difficile da tracciare». ANZIANI – Nessuno può sapere se questo virus prenderà la strada di H5N1, che dopo oltre 15 anni di segnalazioni di infezioni nell’uomo (peraltro con esito letale nel 60% dei colpiti, causata da interessamento respiratorio), non ha mostrato segni di adattamento alla nostra specie tali da permettergli un’efficiente trasmissione interumana, o di quell’H7N7 dimostratosi capace, seppur con bassa efficienza, di trasmissione interumana, ma di regola causa solo di lievi congiuntiviti (un solo caso letale riportato) e la cui diffusione è stata a suo tempo bloccata eliminando gli animali infetti. «La letalità di H7N9 nelle persone colpite si mantiene stabilmente attorno al 20%, favorita probabilmente dal ritardo degli interventi terapeutici con gli antivirali specifici – aggiunge Galli -: l’inizio della somministrazione di oseltamivir nei 64 pazienti per i quali sono disponibili dati e risultato dopo un tempo mediano di 6 giorni dall’inizio dei sintomi, un intervallo temporale che vanifica quasi completamente l’utilità del farmaco. È però interessante sottolineare come nel rapporto sui primi 82 casi confermati, pubblicato il 24 aprile dal New England Journal of Medicine, l’età media dei pazienti risultasse di 63 anni. Il fatto che in maggioranza i colpiti siano anziani potrebbe suggerire che in realtà le infezioni siano state di più, ma con un decorso asintomatico nei più giovani e sani, o che il virus abbia selettivamente colpito le fasce di età più elevata e le persone già affetti da altre malattie variamente debilitanti, come risulterebbe nel 76% dei casi in cui questo dato è disponibile. Per contro, nei due soli bambini al di sotto dei 5 anni inclusi tra i primi 82 casi, la malattia non è andata oltre a una lieve infezione delle prime vie respiratorie a decorso benigno». Corriere.it – Redazione salute – 1 maggio 2013