Mentre la pandemia di Sars-Cov-2 è ben lontana dall’essere sconfitta, anche se grazie ai vaccini è sicuramente meno pericolosa di un tempo, all’orizzonte si profila già una possibile nuova emergenza globale. A dirlo, pur tenendo il ‘profilo basso’, è il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) Tedros Adhanom Ghebreyesus durante il periodico briefing con la stampa.
Il pericolo ha un nome non nuovo, H5N1, l’influenza aviaria. “Per il momento, l’Oms valuta il rischio per l’uomo come basso” ma “non possiamo presumere che rimarrà tale e dobbiamo prepararci a qualsiasi cambiamento”, ha spiegato mercoledì da Ginevra Ghebreyesus, raccomandando “di rafforzare la sorveglianza in ambienti in cui interagiscono esseri umani e animali d’allevamento o selvatici“.
Emerso per la prima volta nel 1996, il virus si è diffuso ampiamente negli uccelli selvatici e nel pollame per 25 anni ma recentemente è stato rilevato anche nei mammiferi: ad oggi invece le trasmissioni “da e tra esseri umani” sono state “rare”, ha spiegato il numero dell’Oms.
Una nuova allerta è scattata dalla fine del 2021, con Europa ed America colpite da un’epidemia di influenza aviaria che ha portato all’abbattimento di decine di milioni di pollame domestico, molti con il ceppo H5N1 del virus. Ma a preoccupare maggiormente sono le più recenti segnalazioni, avvenute nelle ultime settimane, di “infezioni in mammiferi tra cui visoni, lontre, volpi e leoni marini” in particolare nel Regno Unito e in Spagna.
Il pericolo e la paura, spiega all’AdnKronos Walter Ricciardi, docente di Igiene all’Università Cattolica di Roma, è che il virus “faccia il salto di specie, purtroppo è una costante del nostro abitare questo pianeta”. “Viviamo – continua Ricciardi – nell’epoca del rischio infettivo legato: al contatto continuo che abbiamo con gli animali, allo stravolgimento con cui interagiamo con l’ambiente, al grande affollamento del pianeta perché siamo 8 miliardi e, infine, alla rapidità dei viaggi. Sappiamo che quella Covid non è l’ultima pandemia e dobbiamo essere vigili“.
Negli ultimi due decenni, ci sono stati 868 casi confermati di H5N1 nell’uomo con 457 morti, secondo l’Oms. Il mese scorso, l’Ecuador ha riportato il primo caso in Sud America in un essere umano, una bambina di nove anni, che è stata in contatto con pollame da cortile.
I più esposti al rischio sono ovviamente coloro che lavorano a stretto contatto con gli animali: i tempi di incubazione possono andare dai due ai sette giorni.