«L’autonomia non è né facile né scontata. È un processo laborioso, pionieristico. Nessuno ti dice come si fa, non esiste un manuale d’istruzioni». Nell’aula magna dell’università che l’ha laureata dottore in legge, il Bo di Padova, il ministro degli Affari regionali Erika Stefani traccia la road map dell’autonomia, sparita dal dibattito pubblico ma – par di capire – mai dimenticata negli uffici di via della Stamperia, Roma. Lo fa con cautela e modi guardinghi perché a confrontarsi con lei, sotto gli occhi di illustri giuristi della scuola patavina, c’è il governatore del Veneto Luca Zaia, sempre all’attacco sul tema: «Lo Stato centralista fa danni – è uno dei suoi affondi – fa danni. Ha funzionato soltanto nelle dittature». E ancora: «L’autonomia dovrà essere data soltanto a chi si rimbocca le maniche. Chi non si dà da fare non deve avere niente». Di più: «Quando l’intesa Stato-Regione arriverà in parlamento, assisteremo ad un implicito voto di fiducia sul governo. L’autonomia è nel contratto stretto da Lega e Cinque Stelle, con la firma in calce alla legge non si impegna solo Zaia ma tutto l’esecutivo. E se poi il provvedimento dovesse essere bocciato, significa che la maggioranza è venuta meno».
In platea, dove siede la giunta regionale al gran completo oltre a numerosi consiglieri della Lega che convintamente applaudono, Stefani (che è leghista ed è veneta) un po’ rassicura ed un po’ prova a mettere tutti al riparo da una cocente delusione, tirando e mollando in perenne equilibrio tra ciò che si attende di sentire l’uditorio e quel che può dire il ministro alle prese con le norme e i tecnici chiamati ad interpretarle. E dunque se sulle 23 materie pretese da Zaia l’apertura è totale («Nell’intesa che proporrò al consiglio dei ministri ci saranno tutte e 23, perché la Costituzione lo permette e il Veneto le ha chieste con un dossier molto dettagliato»), decisamente più fredda è la replica alla richiesta del Veneto di finanziarle con i famosi 9/10 delle tasse, come accade nelle Province autonome di Trento e Bolzano: «Per ciascuna competenza devoluta sarà individuato il costo storico e questo sarà poi trasferito, secondo una clausola di invarianza di bilancio. Nell’arco di dieci giorni avremo concluso i calcoli e stabiliremo i meccanismi di compartecipazione». Ma la cifra finale non è detto che corrisponda ai 9/10, anzi. «Secondo me ci si avvicinerà» sorride Stefani. Poi gradualmente, negli anni a venire, si proveranno ad attivare i costi standard.
Altro punto dibattuto è lo strumento giuridico a cui ricorrere. Zaia insiste infatti con la legge delega ed ill rinvio ai decreti legislativi per i contenuti di dettaglio («Se ben scritta è la soluzione»), ma il ministro avverte: «Penso anch’io che sia la soluzione migliore ma tra i tecnici molti nutrono perplessità perché la delega potrebbe non rispettare il meccanismo rinforzato previsto dalla Costituzione. Si rischiano ricorsi alla Consulta e perfino al Tar».
Ciò che è emerso in modo chiaro dal dibattito tra i due è che il Veneto sarà la prima Regione a tagliare il traguardo autonomista: «La bozza approderà in consiglio dei ministri entro il 22 ottobre» annuncia Stefani e la data non è casuale: sarà infatti l’anniversario del referendum con cui i veneti hanno detto Sì in modo plebiscitario (98%) alla proposta di Zaia. L’intesa sarà «sartoriale», viene escluso qualunque accordo omnibus , che comprenda tutte le Regioni: «È impossibile, il modo migliore per non fare nulla. Dovrei essere wonder woman». Dunque prima il Veneto, poi la Lombardia e quindi l’Emilia Romagna, che sembra essere un po’ più in ritardo: «Il presidente Bonaccini mi incalza e non manca di chiedermi l’autonomia ad ogni incontro – dice Stefani -, però ha scelto una strada diversa, con un doppio passaggio consigliare per l’articolazione delle competenze che si sono aggiunte alle cinque originarie e questo sta allungando i tempi. Non ho ancora il dettaglio delle materie e non ho potuto riunire i tavoli trilaterali con la Regione e i ministeri interessati».
C’è infine il capitolo delle nuove, ulteriori richieste avanzate dalle Province autonome di Trento e Bolzano, che chiedono di avere anche le ultime materie che ancora mancano tra quelle di loro competenza, a cominciare da quelle ambientali: «L’autonomia speciale ha rango costituzionale, ha forti motivazioni storiche ed è protetta da trattati internazionali – concede Stefani -. Penso dunque che vada difesa e tutelata. Quanto alle richieste che so essere state recapitate sul mio tavolo, però, mi riservo di fare tutte le analisi e le valutazioni del caso». Un colpo di freno che segue quello già impresso da Matteo Salvini che, forse anche in vista delle elezioni locali non ha lesinato stoccate alla Svp, ideatrice dell’autonomia «integrale».
corveneto