Alla vigilia del nuovo vertice convocato dal premier Giuseppe Conte a Palazzo Chigi dopo la rottura delle trattative della scorsa settimana, si fa sempre più teso il clima nel governo sull’autonomia, proseguono – dentro e fuori dall’Aula – le liti tra Lega e Movimento 5 Stelle, e questo anche per via del susseguirsi di analisi tecniche tutt’altro che favorevoli alla riforma attesa dal Veneto.
Già si era detto, su queste colonne, delle perplessità manifestate dalla procura generale della Corte dei conti. Ieri è toccato alla sezione Autonomie della stessa Corte, presieduta da Maurizio Graffeo, ascoltato a Palazzo San Macuto dalla Commissione bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Per i giudici lo stesso articolo 116 della Costituzione, perno attorno a cui ruota la richiesta autonomista, «non sembra consentire una diversa modalità di finanziamento delle materie aggiuntive né la loro sottrazione al meccanismo di perequazione interregionale previsto dalla legge nazionale». È il famoso fondo solidale che manda ai matti la Lega, indicato come «linea rossa invalicabile» dal Movimento Cinque Stelle.
Non solo: per la Corte occorrerebbe, prima di procedere, un’analisi costi-benefici di «toninelliana» memoria perché «resta da valutare quali possano essere gli impatti delle iniziative progettate sulla finanza pubblica e, quindi, verificare la loro effettiva sostenibilità» e «al di là della formula di stile dell’invarianza della spesa, è di tutta evidenza che l’autonomia differenziata è una ristrutturazione organizzativa ad ampio raggio. Per avere il successo sperato sarà dunque necessario un notevole impegno anche sul versante della spesa, pur se non di immediata percezione sotto il profilo finanziario, che dovrebbe essere oggetto di una preventiva analisi costi-benefici». La Corte, in quanto organo di rilevanza costituzionale garante imparziale dell’equilibrio economico-finanziario del settore pubblico, si è quindi dichiarata «pronta ad offrire un contributo per monitorare l’effettiva realizzabilità e sostenibilità del nuovo disegno ordinamentale, riservandosi di riferire al parlamento sugli sviluppi del processo di riforma». In ogni caso, secondo la Corte, l’autonomia, se mai sarà, non potrà essere per tutti: «L’attribuzione di ulteriori funzioni e competenze dovrebbe essere riconosciuta alle Regioni che si dimostrino in grado di esercitarle con un grado di efficienza operativa superiore rispetto alla gestione accentrata».
Intanto, continua la tenzone tra il governatore Luca Zaia e il ministro per il Sud Barbara Lezzi e tra il Movimento Cinque Stelle e la Lega. A Lezzi, che ieri aveva bollato come «impraticabili» le richieste del Veneto e avvertito: «Zaia mi attacca sempre ma non mi spaventa», il governatore replica con una rasoiata: «Non so se un perito aziendale sappia più dei costituzionalisti che hanno scritto il mio provvedimento». Durante il question time di ieri il ministro è parso più conciliante («La volontà del governo è quella ferma di portare avanti la riforma secondo il dettato Costituzionale e secondo gli accordi presi senza tornare indietro su questi») ma la Lega, col capogruppo alla Camera Riccardo Molinari, non ha comunque mollato la presa: «Per la Lega senza l’autonomia non c’è il governo».
Il presidente della Campania Vincenzo De Luca gongola («Prendo atto con estrema soddisfazione che anche pezzi del Movimento 5 Stelle hanno una visione di difesa dell’unità nazionale, prima non aprivano bocca, hanno iniziato dopo di noi») mentre Zaia apre un nuovo fronte, con il Pd: «Non è assolutamente vero che ci ha sostenuto nella battaglia. Ha impugnato il referendum, fatto tre ricorsi al Tar, ci ha negato la tessera elettorale, costretto a pagarci i militari ai seggi». Replicano i deputati Roger De Menech, Sara Moretto e Alessia Rotta: «Il Pd è a favore dell’autonomia e contrario alla propaganda realizzata con referendum inutili e costosi, pagati con le tasse dei cittadini».
Corriere del Veneto