Dopo sei mesi di audizioni e pareri raccolti in Commissione, approda in aula al Senato per la discussione generale il disegno di legge sull’attuazione dell’Autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario, collegato alla manovra. Ieri c’è stata la discussione e il voto sulle quattro pregiudiziali di costituzionalità avanzate da Pd, Cinque Stelle, Avs e Iv. Le pregiudiziali dei gruppi di opposizione sono state respinte. Il voto sui testi che chiedevano di precludere l’esame del testo è passato con 71 sì, 90 no e tre astenuti. L’esame prosegue con la discussione generale sul provvedimento e a seguire con le votazioni sugli emendamenti.
Il ddl Calderoli è una legge puramente procedurale per attuare la riforma del Titolo V della Costituzione messa in campo nel 2001: definisce procedure legislative e amministrative da seguire per giungere ad una intesa tra lo Stato e le Regioni che chiedono l’autonomia differenziata. Dopo l’approvazione del Senato, il testo dovrà passare alla Camera per l’ok definitivo.
Al termine di un vertice di maggioranza, che si è svolto martedì 16 gennaio, il capogruppo di Forza Italia a Palazzo Madama Maurizio Gasparri ha chiarito: «Puntiamo a concludere giovedì». Che la strada possa essere in discesa lo dimostra la disponibilità espressa dal ministro leghista per le Autonomie, Roberto Calderoli, ad accogliere i due emendamenti alla riforma per l’autonomia differenziata di Fratelli d’Italia. Il governo, ha annunciato Calderoli, darà parere favorevole alle due proposte di modifica. Il ministro non si è espresso sui tempi del voto finale della riforma: «Non prevedo mai niente, quando si vota si vota», ha detto.
Fdi ha presentato due emendamenti “chirurgici”, dopo il “niet” di Calderoli ad un articolo che sta a cuore al partito di Meloni e anche a quello di Tajani, sensibili alle problematiche sollevate dalle Regioni del Sud. In particolare Fi chiede garanzie sui Lep (Livelli essenziali di prestazione). Gli emendamenti di FdI sono gli unici proposti nel centrodestra, contro gli oltre 300 delle opposizioni. In particolare in quello a prima firma del senatore Andrea De Priamo si punta a ottenere che i fondi per coprire gli eventuali maggiori oneri legati all’attuazione dei Lep siano aumentati anche per le Regioni che non hanno chiesto l’autonomia differenziata. Idem per l’altra proposta del senatore Marco Lisei che però sarà riformulata per una questione tecnica. In questo caso il tema è quello delle pre-intese che il governo ha già fatto con le regioni sulle varie materie: dovrebbero essere salve purché non ci siano disparità tra i territori. Dal canto loro, le opposizioni si preparano alla battaglia in aula.
Grazie al contingentamento dei tempi il centrodestra spera di trovare una intesa e di approvare il ddl su cui spinge la Lega, mentre le opposizioni cercheranno di prolungare i tempi di esame, che rallenterebbero ulteriormente visto l’approdo in aula al Senato di altri decreti la settimana successiva. Ma il via libera in settimana, servirebbe a rendere più agevole l’esame del premierato , caro a Meloni, su cui proprio martedì 16 gennaio è cominciata la discussione generale in Commissione Affari costituzionali, sempre a Palazzo Madama.
In dieci articoli il ddl sull’autonomia definisce le procedure legislative e amministrative da seguire per l’applicazione dell’articolo 116 della Costituzione in modo da giungere a una intesa tra lo Stato e quelle Regioni che chiedono l’autonomia differenziata. Le richieste avvengono su iniziativa delle stesse regioni. Tra le 23 materie indicate sulle quali è possibile chiedere l’autonomia rientra anche la tutela della salute. La concessione di una o più «forme di autonomia» è subordinata alla determinazione dei Lep. Si tratta dei criteri che determinano il livello di servizio minimo che deve essere garantito in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. La determinazione dei costi e dei fabbisogni standard, e quindi dei Lep, avverrà a partire da una ricognizione della spesa storica dello Stato in ogni Regione nell’ultimo triennio. L’articolo 4 del Ddl precisa, inoltre, che il trasferimento delle funzioni alle singole Regioni sarà concesso solo successivamente alla determinazione e al finanziamento dei Lep. Viene poi prevista una cabina di regia, composta da tutti i ministri competenti, assistita da una segreteria tecnica: collocata presso il Dipartimento per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio dei ministri dovrà provvedere a una ricognizione del quadro normativo in relazione a ciascuna funzione amministrativa statale e delle regioni ordinarie, con successiva individuazione delle materie o ambiti di materie riferibili ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti in tutto il territorio nazionale.