La trattativa con il governo per la maggiore autonomia delle Regioni sarà bipartisan. Da domani il percorso “federalista” vedrà schierate insieme la Lombardia e l’Emilia Romagna, che pure erano partite con due strumenti diversi: la prima passando per la via del referendum consultivo del 22 ottobre scorso, finito con il 38% circa di voti favorevoli; la seconda attraverso un protocollo di intesa con il premier Paolo Gentiloni a seguito di una risoluzione consiliare.
Proprio ieri il consiglio regionale lombardo ha votato a maggioranza il documento per l’autonomia redatto dopo il referendum, con 67 voti favorevoli (su 80 membri totali, di cui 72 presenti in aula). A votare a favore è stato il centrodestra compatto ma anche in larga parte il Pd e il M5S, che hanno proposto un centinaio di emendamenti per sottolineare le loro posizioni nel merito di alcuni temi ma che hanno aderito a livello locale alla richiesta di maggiore autonomia già durante la campagna referendaria.
Ora le delegazioni di entrambe le Regioni, guidate dai presidenti Roberto Maroni (Lombardia) e Stefano Bonaccini (Emilia Romagna), lavoreranno insieme.
Lombardia e Emilia insieme
Domani si recheranno prima in Commissione parlamentare sul federalismo, poi nel pomeriggio parteciperanno alla Conferenza Stato-Regione. La Lombardia chiede l’autonomia su 20 materie, che sostanzialmente riepilogano le 23 competenze previste dalla Costituzione (20 sono quelle concorrenti e 3 quelle che già gestiscono le Regioni con statuto speciale); l’Emilia Romagna la chiede per 13 materie. Insieme daranno vita a sei tavoli tematici, per i settori comuni, di cui i principali sono l’ambiente, le attività produttive, il lavoro, l’istruzione. Per il resto la Lombardia proseguirà da sola.
I documenti che usciranno da questa prima fase di lavoro verranno sottoposti ad un’intesa con il governo. Gianni Fava, responsabile del referendum per la Lombardia, si augura che «questo primo percorso possa concludersi entro la fine di gennaio, per entrambe le Regioni».
Dopodiché ci vorrà un voto parlamentare, per il quale occorrerà la maggioranza semplice. Ma per quest’ultima fase c’è realismo: non sarà questa legislatura a completare il lavoro, si dovrà aspettare le prossime elezioni, con la speranza che gli impegni presi dai partiti non si disperdano.
La via veneta
Diversa la strada che sta intraprendendo la Regione Veneto, dove il referendum è stato votato quasi dal 60% dei cittadini. Il governatore Luca Zaia ha scelto di far approvare una legge regionale, che poi dovrà essere sottoposta al voto parlamentare. Ma in questo caso è richiesta la maggioranza qualificata dei due terzi.
Sara Monaci – Il Sole 24 Ore – 8 novembre 2017