Il convegno si svolge a dieci giorni dalla discussione del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Gli esperti intervenuti temono una sanità che divida i cittadini
È stato uno dei tre governatori del Nord che hanno chiesto l’autonomia, l’unico del Centro-Sinistra a partecipare nel 2018 ai tre accordi preliminari con il governo. Oggi il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, tra i protagonisti dell’incontro di Bologna “AutoNOmia differenziata quali rischi per il SSN” organizzato da Anaao Assomed, è critico con la possibilità che le regioni del Nord ereditino pieni poteri in sanità e relative risorse. «Il Servizio sanitario nazionale non è mai stato così a rischio», afferma. «Il Governo lo sta smantellando e il risultato è che sono esplose le assicurazioni private. Medici e infermieri, a causa di salari troppo bassi e di turni massacranti, emigrano verso il privato o cambiano lavoro. Presto potrà curarsi solo chi ne avrà le possibilità economiche. Serve una grande mobilitazione». Più delle rivendicazioni delle regioni, la priorità è diventata «batterci per riaffermare che il diritto alla salute va garantito ad un povero esattamente come ad un ricco».
Il convegno si svolge a dieci giorni dalla discussione del disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Gli esperti intervenuti temono una sanità che divida i cittadini: nelle regioni ricche i diritti tutelati dalla Costituzione e qualcosa di più, nelle regioni povere e al Sud meno cure. Per Pierino Di Silverio, il segretario Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri che organizza l’evento, i numeri parlano da soli. Stando ai dati Istat l’aspettativa di vita al Sud è minore di ben 20 anni rispetto al Nord, i tassi di mortalità evitabile quasi il doppio, quanto a speranza di vita in buona salute la differenza è di 20 anni. La mortalità infantile al Mezzogiorno è doppia e pure i valori di mortalità materna al parto sono più alti. A Bolzano per la salute si spendono 583 euro per abitante, a Messina solo 53. E le Regioni del Sud, in media più giovani, ricevono una quota capitaria inferiore del 2,6% (-45,5 euro) di quelle del Nord e del Centro. Nel 2022 la spesa sanitaria pubblica è stata circa 131 miliardi (6,8% del prodotto interno lordo) rispetto ai 423 della Germania (11% del Pil) e ai 271 della Francia (10,3% del Pil), come rileva Enrico Coscioni, Presidente Agenas. E per i prossimi anni è data in ulteriore calo. Ma trattenendo più imposte sui loro territori, ed utilizzandole per pagare i servizi sanitari, Lombardia Veneto ed Emilia-Romagna potrebbero reggere l’impatto del disimpegno dello stato, il resto d’Italia no. «Gli esperti presenti chiedono un dibattito pubblico trasparente, aperto e costruttivo sul futuro – dice Di Silverio – con l’obiettivo di tutelare il diritto alla salute per tutti i cittadini».
Ci sono anche le voci pro-autonomia differenziata. Per il presidente della Liguria Giovanni Toti (FI) la “devolution” consente di essere più competitivi ed efficienti. Intanto, «significa assunzione di responsabilità da parte di chi amministra, senza la possibilità di “distribuire” gli effetti delle scelte fatte e di ciò che non va sul governo centrale ma rispondendo in prima persona alle critiche e alle richieste dei cittadini. In secondo luogo, permetterà di adattare i servizi forniti al territorio, tenendo conto delle caratteristiche uniche di ogni area del Paese e con la possibilità di avere un costante dialogo con i cittadini, anche attraverso la digitalizzazione».
Non la pensano come Toti economisti e docenti di Diritto. Per Francesco Pallante (Università di Torino), l’Autonomia differenziata nel ddl Calderoli, non risponde all’attuale crisi del diritto alla salute e rischia di acuire le disuguaglianze tra le diverse regioni. «Risolvere l’attuale crisi del diritto alla salute a beneficio delle sole regioni più dinamiche è una prospettiva che si colloca al di fuori dal quadro costituzionale». Per Francesco Porcelli (Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, membro dal 2023 del Comitato scientifico per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni-Clep, indipendentemente dall’attuazione dell’autonomia differenziata aprendo il dibattito sui LEP il paese ha avviato un processo in attuazione di quella parte della Costituzione che pone le basi per la riduzione dei divari territoriali. «Quali sono i potenziali Livelli essenziali di prestazione che si possono rinvenire nell’ordinamento nelle materie che interessano i diritti sociali e civili? Quali passaggi che consentono di tramutarli in fabbisogno di spesa, sviluppando modelli di perequazione che ne consentono il finanziamento rispettando gli equilibri di finanza pubblica?».
Le risposte fin qui non ci sono, ma l’operazione è importante. A patto che non porti ad una sanità iniqua, cosa che teme la Segretaria di CittadinanzAttiva Annalisa Mandorino: «Se tutte le Regioni chiedessero forme di regionalismo asimmetrico, l’Italia come stato unitario non esisterebbe più e lo si sarebbe deciso senza alcun tipo di partecipazione popolare». Giovanni Trianni di Medicina Democratica Emilia-Romagna propone contro il ddl Calderoli «una stagione di scioperi generali, referendum abrogativi, ricorsi alla Corte Costituzionale, una campagna di sensibilizzazione verso i cittadini».
https://www.doctor33.it/articolo/60620/autonomia-differenziata-anaao-e-governatori-a-confronto-ecco-i-rischi