Riforme. Ok con 110 sì e 64 no, il testo che attribuisce potenzialmente alle Regioni 23 materie passa ora alla Camera. Pd e M5S: «Minata l’unità del Paese»
Il Sole 24 Ore. Il Senato dà il via libera all’Autonomia differenziata con l’opposizione in piedi che canta l’Inno di Mameli in segno di protesta contro quello che hanno ribattezzato «spacca-Italia». I senatori della maggioranza, a cominciare da quelli di Fdi, si uniscono al coro mentre il presidente di turno, il leghista Marco Centinaio, si avvia alla lettura del risultato: 110 i sì, 64 i no e 3 gli astenuti. È – assieme ai tricolori saltati fuori dai banchi del Pd – l’unico momento in cui l’Aula di Palazzo Madama si accende. Ora il ddl passa alla Camera dove il capogruppo del Carroccio Riccardo Molinari ha già indicato la dead line: le europee del 9 giugno. Vedremo. Molto dipenderà dai rapporti interni alla maggioranza in vista di un test elettorale che inevitabilmente porterà gli uni contro gli altri visto che alle europee si vota con il proporzionale puro. Quanto alla successiva concreta attuazione, quella è tutta un’altra partita: serve individuare i Lep e soprattutto occorrono risorse che al momento non sono rintracciabili. Meloni ieri non ha fatto commenti. Almeno in pubblico. La presidente del Consiglio è soddisfatta e oggi, durante il premier time alla Camera, non mancherà di ribadirlo.
Chi ha il sorriso stampato in faccia è Roberto Calderoli. Il ministro entra ed esce dall’Aula. È convinto che stavolta l’obiettivo sia davvero possibile. «L’approvazione al Senato è il primo risultato concreto verso un traguardo storico», ha detto quello che è unanimemente considerato, anche dai critici, il padre della riforma il cui nome accompagna il ddl. L’ordine di scuderia è di mantenere comunque toni compassati e infatti lo stesso Salvini, presente in Aula, manifesta la sua soddisfazione ricordando Roberto – «Bobo» – Maroni. L’unica “intemperanza”, se così può dire, è stata la bandiera della Serenissima con il Leone di San Marco sventolata dalla veneta Mara Bizzotto in segno di vittoria. Del resto, assieme a Calderoli, Luca Zaia, il potente governatore veneto, non ha mai alleggerito l’attenzione sulla causa autonomista che – ha detto ieri – «non lascerà indietro nessuno». Ed è questo il refrain che ripetono un po’ tutti nella maggioranza. A cominciare da Fratelli d’Italia.
«Il rischio di divisione è categoricamente escluso, soprattutto dopo il lavoro della prima Commissione» ha assicurato in Aula il meloniano Andrea De Priamo, l’autore dell’emendamento accolto secondo cui anche le Regioni che non hanno chiesto l’autonomia dovranno ricevere dallo Stato risorse pari a quelle trasferite alle Regioni
che hanno ottenuto la devoluzione delle competenze. Lo rivendica anche il capogruppo di Fdi al Senato Lucio Malan: «Grazie a noi sono state inserite precise garanzie sull’unità nazionale e sull’uguaglianza dei diritti dei cittadini di tutte le regioni», ha detto Malan mettendo poi l’accento sulla riforma per l’elezione diretta del premier (si veda articolo nella pagina precedente) che «sta andando avanti». Dal Carroccio ieri sono arrivate rassicurazioni. Massimiliano Romeo, presidente dei senatori della Lega, a nome del suo partito si è detto «soddisfatto del patto di maggioranza» che «controbilancia più poteri al premier con più autonomia sul territorio».
Parole che per il Pd confermano «l’indecente baratto» tra la premier e Salvini: «La nazionalista Meloni passa alla storia per aver spaccato l’Italia», è il commento sarcastico della leader dem Elly Schlein che è pronta a raccogliere le firme per il referendum abrogativo. «Fratelli di mezza Italia», è l’accusa che viene ripetuta a sinistra in attesa del nuovo confronto/scontro Meloni/Schlein. «Meloni spacca il Paese e svende il Sud a Salvini», è la requisitoria arrivata dal numero uno M5s Giuseppe Conte subito dopo il voto.
Soddisfatta invece si dice assieme al resto della maggioranza anche Forza Italia. «Non si deve avere paura di questa sfida ed i Lep, i livelli essenziali di prestazioni e dei servizi, devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, affinché ogni cittadino italiano abbia gli stessi diritti», ha ricordato il capogruppo azzurro Maurizio Gasparri facendo anche riferimento al «lavoro» portato avanti dal suo collega di partito Mario Occhiuto, fratello di Roberto, il Governatore della Calabria. Il Sud destinato a riscaldarsi di più. Campania e Puglia, De Luca e Emiliano, entrambi del centro sinistra, sono già partiti all’attacco.
Da segnalare l’astensione dei tre senatori di Azione mentre la quarta, l’ex forzista Mariastella Gelmini, ha votato sì.