Una stangata che nelle stime peggiori può raggiungere i 135 euro a famiglia all’anno. Il calcolo è dell”Ufficio studi dell’associazione dei commercianti, che lancia l’allarme. Il rincaro riguarderà circa il 70% dei consumi totali. Sangalli a Repubblica: “Evitare un’altra calamità sui consumi”
ROMA – Il previsto aumento dell’Iva dal 21% al 22% dal prossimo 1° luglio comporterà, per una famiglia di 3 persone, una ‘stangata’ che potrebbe arrivare a una media di 135 euro l’anno. E ben 26mila negozi rischiano di sparire entro la fine del 2013.
A lanciare il doppio allarme sono la Cgia di Mestre e l’Ufficio studi di Confcommercio, che rivede la previsione del saldo natalità-mortalità delle imprese del commercio al dettaglio alla luce del possibile nuovo scatto dell’imposta sui consumi. Per capire la portata della misura, basta ricordare che l’aliquota standard Iva riguarda circa il 70% dei consumi totali: un suo aumento sarebbe un duro colpo per imprese e famiglie, a stretto giro dal rinvio dell’Imu sulla prima casa.
Secondo l’organizzazione di Mestre, se il Governo non riuscirà a scongiurare l’aumento dell’Iva gli aggravi di imposta sui portafogli delle famiglie italiane “saranno pesantissimi, pari 2,1 miliardi di euro nel 2013 e ben 4,2 miliardi nel 2014”. Per una particolare coincidenza, i 2,1 miliardi del 2013 sono grossomodo la cifra che corrisponde all’acconto dell’Imu sull’abitazione principale, quello posticipato al 16 settembre dall’esecutivo di Enrico Letta in attesa di portare a termine una riforma complessiva della tassazione.
Lo Cgia – a consumi costanti – stima che per un nucleo costituito da tre persone l’aggravio medio annuo sarà di 88 euro. Nel caso di una famiglia di quattro componenti, l’incremento medio annuo sarà invece di 103 euro. Visto che per il 2013 l’aumento dell’Iva interesserà solo il secondo semestre, per l’anno in corso gli aumenti di spesa saranno la metà: 44 euro per la famiglia da tre persone; 51,5 euro per quella da quattro. Vino, birra, carburanti e meccanico (33 euro l’anno in più per un nucleo di tre persone), abbigliamento, calzature (+18 euro), mobili ed elettrodomestici le categorie che rincareranno per primi. Il passaggio dal 21% al 22% dell’aliquota Iva ordinaria non inciderà sulla spesa dei beni di prima necessità, come gli alimentari, la sanità, l’istruzione, l’abitazione, tutti beni ai quali si applica l’Iva al 10% o al 4%, o non si applica affatto. Ancora più amara la stima di Confcommercio, secondo la quale l’incremento medio per un nucleo familiare di tre persone potrebbe essere di 135 euro.
Proprio dall’associazione dei commercianti arriva un’altra rilevazione preoccupante: lo stesso aumento dell’Iva potrebbe portare 26mila imprese del settore ad abbassare definitivamente le saracinesche. Non a caso il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, in un’intervista a Repubblica in edicola chiede di “evitare un’altra calamità sui consumi”. La domanda interna, spiega, “che fra investimenti e consumi, muove l’80 per cento del Pil, ora è ferma: alzare l’aliquota significa assestarle un ultimo, letale, colpo. Alle aziende in crisi serve un segnale forte è quel segnale non c’è”, la preoccupata conclusione.
20 maggio 2013