8 marzo: poche dottoresse e dirigenti, Italia abbassa media Ue. Donne ricoprono impieghi tradizionalmente femminili
Il minor numero di donne docenti universitarie, tra i piu’ bassi in quanto a donne medici o dirigenti e il minor numero di uomini che chiedono il part-time per stare con i figli: i dati Eurostat diffusi in vista dell’otto marzo dipingono l’Italia come un Paese che ha ancora un grosso ‘gap’ di genere, dove le donne faticano a conciliare lavoro e famiglia.
In base ai dati del 2011, le donne italiane sono ancora impiegate soprattutto in quei settori tradizionalmente femminili come l’insegnamento primario (il 96% dei ‘maestri’ e’ donna), mentre fatica ad affermarsi nelle universita’ (solo il 36% dei professori e’ donna contro la media Ue del 40%) e negli ospedali (37% di donne, il dato piu’ basso dopo il Lussemburgo, la media Ue e’ del 45%). Anche le dirigenti sono solo il 25% (media Ue al 33%), il peggior dato dopo Cipro, Grecia e Malta.
Altro dato significativo e’ la scarsissima incidenza (3,5%), la minore d’Europa, di uomini che chiedono il part-time dopo la nascita dei figli, a differenza delle donne (45%), che dimostra come siano ancora le donne ad occuparsi della prole. (ANSA).
Dopo oltre un secolo dalla prima celebrazione della festa della donna “la parità di genere è ancora un’utopia”, così Ignazio Marino, senatore Pd, commenta l’8 marzo ricordando l’impegno di Imagine Onlus, di cui è presidente. “La tutela della salute materno infantile è il nostro primo obbiettivo”
“Dopo 104 anni dalla prima celebrazione ufficiale della festa della donna, la parità di genere sembra ancora un’utopia”. Così Ignazio Marino, Presidente di Imagine Onlus, un’associazione che si occupa di assistenza sanitaria di base nella Repubblica Democratica del Congo. “La condizione femminile nel mondo è molto varia, ci sono ancora molti, troppi paesi dove la violazione dei diritti umani fondamentali è all’ordine del giorno”.
“Centinaia di milioni sono le donne vittime di violenza. Violenza fisica, psicologica, sessuale, politica ed economica. E non è un caso che quest’anno la 57° Sessione della Commissione Onu sullo Stato delle Donne incentri i suoi lavori proprio sulla lotta alla violenza contro le donne. La violenza nei confronti delle donne e ragazze colpisce circa 7 donne su 10 nel mondo. Rompere l’indifferenza e il silenzio è possibile e già succede, sostiene Michelle Bachelet Direttrice esecutiva di UN Women”.
“Esistono ancora dei paesi dove la violenza sessuale è usata come arma di guerra. Continua Marino. “Nelle situazioni di conflitto e post conflitto questa forma di violenza crea divisioni e tensioni etniche, religiose, familiari, di intere comunità che durano nel tempo. Nella Repubblica Democratica del Congo, dove operiamo con Imagine, questo tipo di violenza è praticata sistematicamente e ferocemente da anni”.
“Il nostro impegno è quello di contribuire a ricostruire il sistema sanitario di un paese devastato da decenni di guerra dove le donne sono le prime vittime. La salute materno infantile è il nostro primo obbiettivo, per questo stiamo costruendo un reparto di ginecologia nell’ospedale di Mudzi – Balla, nella regione dell’Ituri. Questo è il nostro modo di celebrare l’8 marzo – conclude Marino – riconoscendo e valorizzando il ruolo delle donne nel mondo come madri, vere combattenti per la vita”.
Giornata della donna, un 8 marzo non basta. I numeri della violenza contro le donne e la difficoltà di chi la combatte
Domani è la giornata internazionale della donna, il giorno delle mimose e del giallo, il colore della liberazione delle energie. Ma un 8 marzo non basta per occuparsi di problemi delle donne e della violenza contro le donne. Domani le operatrici dei centri antiviolenza si rimboccheranno le maniche come sempre ed organizzeranno diverse iniziative, creeranno occasioni di incontro e di confronto sul loro lavoro e sulla loro esperienza del problema della violenza.
In alcune città i centri apriranno le porte a chi vorrà sapere che cosa è un centro antiviolenza e che cosa fa. Tra le importanti iniziative a sostegno delle donne e dei centri è da segnalare quella di Groupon, Mai più violenza sulle donne, che in occasione della festa della donna, ha deciso di scendere in campo sostenendo i centri antiviolenza. E’ sufficiente collegarsi al blog di Groupon e donare 3 euro e sarà possibile farlo fino al 17 marzo.
Un sostegno necessario perché i numeri della violenza denunciano un fenomeno in aumento. D.i.Re oggi ha pubblicato la rilevazione dei dati del 2012: sono state oltre quattordicimila le donne che hanno chiesto aiuto per violenza familiare ed extra- familiare. Il 68,69% erano italiane, il dato conferma quelli degli anni precedenti e sfata il pregiudizio che la violenza sia una questione che riguarda soprattutto donne immigrate e culture ‘involute’ rispetto alla nostra. La lettura corretta è quella della trasversalità della violenza contro le donne.
Le violenze subite dalle donne che hanno contattato i centri sono avvenute in prevalenza nella cerchia familiare (88,66%), e quelle attuate dai partner costituiscono il 60,42% delle aggressioni. Gli ex invece costituiscono il 19,36% degli autori delle violenze e il dato conferma come sia delicato il momento della separazione. Quando una donna decide di lasciare un uomo che le fa violenza, è esposta a rischi di violenze più gravi, ed è in quel momento che il ruolo del centro diventa fondamentale per prevenire i femminicidi. In Italia ogni due o tre giorni viene uccisa una donna. L’uccisione della compagna è spesso l’atto finale di una lunga storia di violenze.
Il maltrattamento all’interno delle relazioni si esprime di fatto con un continuum di violenze che vengono messe in atto per ottenere controllo e potere. La violenza psicologica è quella più diffusa (73,13%), segue quella fisica (59,9%) che è sempre accompagnata a quella psicologica, poi la violenza economica che consiste di impegni economici imposti, controllo o privazione dello stipendio. Il 15,64% delle donne ha subìto violenza sessuale e il 13,27% sono state vittime di stalking.
E le risposte quali sono? Solo 32 centri antiviolenza hanno la possibilità di inserire le donne in strutture insieme ai figli o alla figlie. I numeri dell’ospitalità, considerato il numero limitato di posti letto, è alto: 470 donne e 473 minori hanno trovato rifugio nelle case Rifugio. Del resto l’Italia è gravemente inadempiente rispetto alle direttive europee che prevedono per la popolazione italiana, almeno 5700 posti letto e invece ce ne sono solo 500. I finanziamenti ai centri scarseggiano: solo il 74,6% ha tra le fonti di finanziamento diversi enti pubblici, ma nel 21,2% dei casi il finanziamento è inadeguato (meno di 10mila euro). Il 69% dei centri riceve finanziamenti sotto i 10mila euro, e 7 centri sopravvivono a mala pena con questo contributo.
Con la caparbietà e l’ostinazione tipica delle donne, nei centri si valorizzano le risorse al massimo e si va avanti, ma è venuto il momento che le istituzioni diano una risposta ai cinque punti contenuti nel Manifesto di D.i.Re. Non c’è alcuna necessità di leggi sul femminicidio o di aumenti delle pene, ma semmai di lavoro di rete tra soggetti istituzionali e centri antiviolenza, di una formazione adeguata, di campagne di sensibilizzazione, di interventi integrati e della corretta applicazione delle leggi che già ci sono. Non ci vuole molto per fermare le cronache di morti annunciate. (Il Fatto quotidiano)
8 marzo 2013