Lecito il licenziamento della lavoratrice che esercita la facoltà di assentarsi dal lavoro per il periodo di astensione facoltativa e non informa il datore di lavoro (Cassazione, sentenza 16746/12).
Una lavoratrice madre in astensione lavorativa viene licenziata in troco perché non ha inviato la richiesta di congedo all’INPS e, per conoscenza, al datore di lavoro.
La donna si trova quindi a proporre ricorso per cassazione. Questo dopo che i giudici di secondo grado, in riforma della sentenza del Tribunale di Trani, hanno rigettato la domanda della lavoratrice «volta ad ottenere la dichiarazione di nullità o in subordine di illegittimità del licenziamento in tronco intimatole durante il periodo di assenza dal lavoro per gravidanza e puerperio, con l’applicazione degli strumenti di tutela reale» e con conseguente condanna della società datrice di lavoro e dell’INPS al pagamento della indennità di maternità spettantele.
La lavoratrice ha l’onere di dare preventiva comunicazione. La Cassazione ha stabilito che la lavoratrice che intende esercitare la facoltà di assentarsi dal lavoro per il periodo di astensione facoltativa «ha l’onere di darne preventiva comunicazione al datore di lavoro e all’istituto assicuratore ove quest’ultimo sia tenuto a corrispondere la relativa indennità, precisando il periodo dell’assenza, che è frazionabile».
Almeno 15 giorni di preavviso. Gli Ermellini hanno anche precisato che, salvo casi di oggettiva impossibilità, il genitore interessato è tenuto a preavvisare il datore di lavoro secondo le modalità e i criteri definiti dai contratti collettivi, con un periodo di preavviso non inferiore a 15 giorni.
L’astensione facoltativa non può essere riconosciuta per periodi anteriori alla data di comunicazione. Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 16746/12, la lavoratrice, oltre a non aver provveduto ad effettuare la preventiva comunicazione, non ha allegato nessuna documentazione a riprova che «le particolari condizioni psico-fisiche della stessa, legate al suo stato di puerperio, abbiano avuto una incidenza causale o concausale del suddetto comportamento omissivo». Il ricorso, infine, viene dichiarato inammissibile.
La Stampa – 2 gennaio 2012