I nuovi sgravi sulle assunzioni dei giovani saranno limitati ai lavoratori fino a 29 anni e dovrebbero favorire l’accesso al lavoro a circa 300 mila persone nel 2018. Lo ha detto il consigliere economico della presidenza del Consiglio, Marco Leonardi, parlando alle agenzie di stampa. Il tetto a 29 anni — mentre finora si era ipotizzato che gli incentivi potessero riguardare gli under 35 o 32 — sarà probabilmente scelto, spiega l’economista, per rispettare le norme europee. Oltre i 29 anni le agevolazioni non verrebbero più considerate finalizzate a promuovere l’occupazione giovanile, ma rischierebbero di essere censurate perché discriminerebbero lavoratori adulti in base all’età.
L’incentivo cui sta pensando il governo, che dovrebbe trovar posto nella legge di Bilancio per il 2018, prevede un dimezzamento dei contributi previdenziali (30-33% della retribuzione lorda, secondo i casi) per i primi tre anni (o due) dall’assunzione a tempo indeterminato. Lo sgravio di cui beneficerebbe l’impresa avrebbe un tetto di 3.250 euro che, secondo le valutazioni di Leonardi, dovrebbe consentire il dimezzamento appunto dei contributi (15-16,5%) per «la stragrande maggioranza delle assunzioni, visto che il 75% dei giovani sta dentro questo tetto considerando il salario d’entrata al lavoro».
I tecnici, conferma il professore dell’Università di Milano, stanno anche «esplorando la possibilità di un successivo taglio del 3% dei contributi in forma permanente», che realizzerebbe un alleggerimento strutturale del costo del lavoro, rendendo per sempre le assunzioni stabili più convenienti. Ma difficilmente la misura verrà varata, sia perché di nuovo Bruxelles potrebbe bocciare misure di aiuto a una sola parte dei lavoratori, ma sopratutto perché il costo degli incentivi aumenterebbe di molto. Per evitare infatti che la futura pensione degli interessati subisca un danno, il taglio dei contributi verrà «fiscalizzato», cioè versato all’Inps dallo Stato. Solo il dimezzamento dovrebbe costare circa 900 milioni nel 2018 per salire negli anni successivi. Cifre che devono fare i conti con gli stretti margini di manovra della prossima legge di Bilancio che verrà presentata dal governo entro il 20 ottobre. Tanto più che proprio ieri il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, è tornato alla carica chiedendo il rifinanziamento per un miliardo e mezzo del piano Industria 4.0 (c’è tra l’altro in ballo la proroga di super e iper ammortamento) nel quale dovrebbe essere inserito anche un forte credito d’imposta per le imprese che aumentino gli investimenti nella formazione dei lavoratori.
La principale differenza dei nuovi incentivi sulle assunzioni rispetto alla decontribuzione triennale varata nel 2015 dal governo Renzi è che questa riguardava tutti coloro che venivano assunti a tempo indeterminato, indipendentemente dall’età e aveva un tetto di 8.060 euro. Tanto è vero che per la decontribuzione che ha accompagnato il Jobs act (poi ridotta nel 2016) lo Stato ha speso circa 18 miliardi di euro. Ma l’occupazione è aumentata soprattutto nelle fasce più anziane, complice anche l’aumento dell’età pensionabile, mentre il tasso di disoccupazione under 24 è al 35,4%. Di qui la decisione del governo di concentrare gli sforzi sui giovani.
Enrico Marro – Il Corriere della Sera – 23 agosto 2017