La Stampa. Non è escluso che il decreto reclutamento, come ama chiamarlo il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta, possa finire diviso in due. Uno da approvare subito, l’altro più avanti. Una soluzione che viene valutata in queste ore per superare lo stallo sulle assunzioni previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e che permetterebbe al presidente del Consiglio Mario Draghi di chiudere il pacchetto delle norme necessarie a mettere in funzione la macchina del Recovery plan. Dei tre decreti previsti, infatti, due – Semplificazioni e Governance – sono stati approvati come da cronoprogramma entro il 31 maggio. Il terzo ancora no.
A causare questi ritardi non sarebbero soltanto intoppi di natura tecnica, ma anche una neanche troppo latente tensione tra il ministero dell’Economia e i diversi livelli dirigenziali dei ministeri, preoccupati dallo strapotere che, sul fronte del monitoraggio finanziario dei progetti del Recovery plan, acquisterà la Ragioneria generale. Da qui un certo nervosismo percepito in Brunetta e rivolto al pantano della burocrazia ministeriale e della tecnostruttura.
Il decreto, che il titolare della Pubblica amministrazione condivide con il collega Roberto Cingolani della Transizione ecologica, è atteso da una settimana ma potrebbe slittare ancora.
Oggi è in previsione una cabina di regia ma tutte le fonti contattate ammettono che l’ok del Consiglio dei ministri non dovrebbe arrivare prima di domani o di lunedì. Il ministro in realtà spera di incassare il via libera subito, anche oggi. Per farlo, è stata messa sul tavolo l’idea di snellire il provvedimento.
Al momento il decreto è molto ampio e affronta sia la parte sulle procedure di reclutamento straordinario dei professionisti per il Pnrr, sia quella sul fabbisogno delle assunzioni nei singoli ministeri come completamento della governance. Quest’ultima parte è quella che sta complicando il cammino del testo. Il decreto è ostaggio dei ministeri che non hanno recapitato le proprie richieste di assunzioni e di quelli, stando ai numeri inviati, che invece creerebbero da subito una situazione di sovraffollamento sulle assunzioni.
L’Europa ha scritto chiaramente che i fondi del Recovery vanno utilizzati solo per chiamate strettamente legate ai progetti del piano. Per questo, per uscire dall’impasse la proposta sarebbe di rinviare a un secondo momento il calcolo del fabbisogno e di licenziare subito il decreto contenente il quadro normativo e la parte di reclutamento prevista, nero su bianco, sul Pnrr. E cioè i 350 tecnici– unità di personale dirigenziale – che andranno a potenziare la Ragioneria generale al ministero dell’Economia, come da norma già inserita e poi stralciata dal decreto Semplificazioni; i mille esperti a supporto delle Regioni per la gestione delle semplificazioni e il monitoraggio e, infine, i 16 mila laureati che andranno a comporre l’Ufficio del processo, per smaltire gli enormi arretrati della giustizia e aiutare i magistrati.
Il resto delle assunzioni, nell’ordine di migliaia secondo Brunetta, andrà quantificato più avanti, quando saranno più chiari i progetti e si potrà concretamente valutare la fattibilità del fabbisogno dichiarato. Stando a quanto ricostruito, le resistenze dei ministeri che hanno rallentato fin qui l’iter sarebbero conseguenza dei malumori dei dirigenti di fronte al rafforzamento dei poteri di controllo della Ragioneria generale, soprattutto in ambito di rendicontazione finanziaria. Le assunzioni in più previste nell’ufficio ad hoc del Mef, infatti, entreranno nei gangli di controllo dei singoli dicasteri interessati dai progetti e dagli investimenti. Se passerà lo schema a due decreti, il testo approvato prima, più snello, e con all’interno le norme generali di reclutamento, permetterebbe a Draghi di presentare in conferenza stampa, assieme a Brunetta e Cingolani, l’intero pacchetto dei tre provvedimenti necessari a far marciare il piano di finanziamenti europei con un ritardo minimo sulla tabella. –