Leggo stamane sul Giornale di Sicilia che la Regione Siciliana ha messo a bando 2,5 milioni di kg di quote latte con un limite di assegnazione di 20.000 kg per produttore finalizzato, secondo le intenzioni dell’assessore Francesco Aiello, ad “estendere il beneficio a più allevatori”. ”Un’opportunità per giovani imprenditori dell’isola” commenta il giornale.
Si consideri che si potrebbero soddisfare 125 allevatori al massimo tra nuovi e vecchi allevatori. La quota assegnabile di 20.000 kg é infatti pari alla produzione di tre vacche specializzate da latte di razza frisona o bruna con 7.000 kg di produzione lattea oppure di sei vacche di razze indigene (modicana o cinisara).
Perché un allevamento sia economico, dicono i tecnici, deve disporre di almeno 40 vacche da latte e di una superficie minima di 50 ettari coltivati a foraggi.
Il limite di assegnazione di quote latte deciso dall’assessore non favorirà quindi nessun giovane imprenditore, almeno a diventare tale, perché coincide con la produzione di tre/sei vacche: l’assegnatario potrà al massimo affittare le quote e rivenderle successivamente quando diventeranno liberamente disponibili sul mercato con un ricavo di circa 7.000 euro.
Sarebbe stato più razionale e di sostegno alla zootecnia produttiva assegnare le quote ad allevamenti già esistenti, stabilizzati e qualificati, ma che hanno difficoltà a produrre pur in possesso di quote latte non sufficienti a garantire un bilancio economico per l’azienda. Aziende dagli elevati standard produttivi, sottoposti a miglioramento zootecnico, vigilanza sanitaria, controlli di qualità che per la limitata quota disponibile rischiano di dover dismettere la produzione o pagare penali alla UE per gli esuberi oppure fare produzioni in nero.
Elargire una provvidenza a 125 famiglie, in termini elettorali, vale però più che intervenire in modo razionale sul settore a vantaggio di aziende strutturate, in produzione e meritevoli. Tale manovra, comunque, è ben chiara agli oltre 5.000 allevatori siciliani che non si lasceranno abbindolare da questo ingannevole beneficio alla zootecnia.
E finché in Sicilia un settore strategico come l’agroalimentare sarà gestito in questo modo dalla politica e commentato così acriticamente da chi dovrebbe vigilare su di essa (l’informazione) non intravvedo molti benefici, a parte quelli discutibili di chi intermedi in questo modo le risorse pubbliche.
Il Fatto quotidiano – 3 settembre 2012