Se sembrano esclusi rischi imminenti dall’ex discarica Melagon, secondo quanto sta accertando il Comune di Asiago circa il pericolo di un inquinamento che possa finire nel sottostante bacino idrico di Oliero, rimane il rischio che un evento sismico possa far crollare il “pavimento” della discarica nelle grotte sotterranee Spetta alla Regione un’eventuale soluzione.
LE ANALISI. Il Corpo forestale dello Stato ha acquisito le analisi delle acque di refluo dalla discarica Melagon, compiute periodicamente dalla società che gestisce il sito, la Alto Vicentino Ambiente di Schio. Emerge una lieve carica batterica, variabile secondo le condizioni meteorologiche, mentre i parametri chimici sono pressoché privi di inquinanti risultando, a volte anche abbondantemente, al di sotto dei valori guida previsti per le acque ad uso potabile. Solo in alcuni casi cromo, cadmio e mercurio sono al limite. «Risultato rassicurante – commenta il sindaco di Asiago, Roberto Rigoni Stern – Che spero possa tranquillizzare chi beneficia quotidianamente dell’acqua del bacino di Oliero». «Rimane il problema del crollo delle volte delle grotte sotto la discarica – prosegue il sindaco – Questione che nessun Comune può affrontare da solo. Vediamo di compiere uno studio geologico e magari cercare con carotaggi se all’interno della discarica ci siano effettivamente rifiuti pericolosi».
LE ALTRE DISCARICHE. Da quanto sta emergendo da ricordi ridestati da una nuova consapevolezza ambientale, dalle denunce mai perseguite e da documenti rimasti nel cassetto, la situazione di Melagon pare tuttavia quella meno preoccupante nel breve periodo. Sull’Altopiano sono censite oltre 2500 fra grotte e cavità carsiche. Decine di queste sono state utilizzate nel passato come discariche autorizzate di rifiuti urbani, altre invece per lo smaltimento illegale di rifiuti speciali.
Nel Buso della Val Schiavina a Lusiana, ad esempio, sono state smaltite le carcasse di migliaia di polli morti. Nella Grotta della Galleria a Foza, nel 1990, il CS Proteo di Vicenza ha trovato ingenti quantità di sacchetti di drenaggio di liquidi fisiologici scaricati da un’impresa che avrebbe dovuto smaltire i rifiuti ospedalieri. Dopo la scoperta era stato impedito l’uso delle sorgenti a valle a Valstagna che risultavano inquinate da colibatteri. L’inchiesta coordinata dal tribunale di Bassano non è si mai conclusa. In seguito la grotta fu parzialmente bonificata dal materiale ospedaliero. Nel ’94 venne bonificata dagli ordigni bellici e poi, su ordine della magistratura, l’ingresso fu chiuso. «Stiamo procedendo a censire queste discariche, autorizzate o meno – illustra Giliano Carli del gruppo “Badile spezzato” – Abbiamo conteggiato 68 siti, compresi pendii e pozzi, dove sono finiti i rifiuti urbani ma anche rifiuti di industrie, attività artigianali e persino ospedalieri». Tra quelle autorizzate il “Buso di Monte Sprunch”, il “Buso del diavolo” e il “Brutto buso” sono tra le più significative. Anche in località Mosca e al Turcio ad Asiago, così come al Baktall di Gallio, c’erano discariche. Fino agli anni Ottanta erano una decina le discariche di rifiuti urbani all’interno di grotte, pratica abbandonata nel 1982 in seguito ad una direttiva europea. In quelle discariche finivano soprattutto scarti di lavorazione alimentare e quindi oggi sono in pratica innocue. Altro discorso sono le discariche abusive.
Il gruppo ha scoperto che la grotta di località Holl è ancora usata per gettarvi batterie d’auto, frigoriferi, portoni e finestre, pannelli isolanti, bidoni, plastiche. «Ci chiediamo che fine abbiano fatto le denunce e le inchieste – denuncia Corrado Corradin del gruppo speleologico Settecomuni – Il ritrovamento di rifiuti speciali ospedalieri in due grotte a Lusiana e a Foza sono solo i casi più eclatanti. Ma anche la scomparsa della Voragine di Ca’ Oneste, censita e sotto tutela, riempita di materiale. Le termografie fatte dall’alto per evidenziare le discariche abusive non sono mai state rese pubbliche».
«Voragine di 240 metri a ridosso del Melagon»
All’appello del gruppo Grotte 7 Comuni, che nei giorni scorsi ha ricordato il problema della discarica del Melagon, ad Asiago, sottolineando la necessità di vigilare su un paventato pericolo di possibile, futuro inquinamento dovuto all’epicarsismo sotterraneo, in caso di cedimento della profonda cava, si unisce ora il gruppo grotte del Cai vicentino “Gastone Trevisiol“. Già nel settembre 2007, infatti, il gruppo, che fa parte della federazione speleologica veneta, aveva reso nota una sua scoperta, a soli 300 metri di distanza dal Melagon, che conferma la natura carsica del territorio. Nelle loro ricerche avevano individuato infatti una voragine di ben 240 metri di profondità e il cui accesso fu scoperto per caso. Una grotta denominata “abisso Flavia”. Al suo “salone”, con 3000 metri quadrati di superficie di base e alto dagli 80 ai 100 metri, vi si giunge attraverso un pozzo fusoide verticale di 180 metri e si scorge pure una sorgente d’acqua, che scende in continuità, anche nei periodi di magra.
Il Giornale di Vicenza – 23-24 aprile 2016