Licenziamenti individuali soltanto per motivi economici debitamente dimostrati. È questa l’ultima ipotesi che si sta elaborando al ministero del Welfare in vista della trattativa sulla riforma del mercato del lavoro.
Due ore di colloquio a Torino tra la ministra Elsa Fornero e la segretaria Cgil Susanna Camusso hanno aperto la fase di incontri informali con le Parti Sociali che proseguirà la prossima settimana con gli altri leader sindacali e con i rappresentanti delle imprese.
«Al termine di tale fase – si legge in una nota – si definirà l’agenda relativa a temi e modalità per il confronto che porterà, nei tempi brevi indicati dal Presidente del Consiglio Mario Monti, a una riforma del mercato del lavoro». Non c’è ancora una agenda definita di temi e modalità: lo ha chiarito il ministero spiegando che, per una riforma da chiudere in tempi brevi, l’agenda verrà fissata solo al termine del confronto informale con i leader delle parti sociali, che dovrebbe chiudersi entro la prossima settimana.
La Cgil considera quello di ieri un usuale incontro informale: ora si attende il ritorno a modalità ordinarie di confronto. Nel merito, Camusso ha sottolineato che il tema di lavoro e occupazione è strettamente correlato a crescita e fisco, che andranno affrontati al tavolo allargato. Resta alta la tensione sui possibili interventi sui licenziamenti. Dal ministero assicurano che la revisione dell’articolo 18 (che vieta il licenziamento senza giusta causa) non sarebbe all’ordine del giorno.
Sta di fatto, però, che un sistema più flessibile in uscita resta un obiettivo per il governo Monti, visto che «dall’Ue era arrivata la richiesta di una nuova regolazione per ragioni economiche», spiegano fonti di Via Veneto. Il governo sarebbe orientato a una tipologia contrattuale che preveda, dopo tre anni di prova, la stabilizzazione, eliminando la miriade di fattispecie inserite nel tempo. Ma cosa succeda dopo quei tre anni, ancora è da discutere.
Dopo la stabilizzazione, l’articolo 18 resterà o no? In altre parole, prevarrà il modello Ichino (che elimina quella tutela per i nuovi assunti e la mantiene per i vecchi), o quello Garibaldi-Nerozzi che non modifica il divieto di licenziamento senza giusta causa? O ancora il modello Damiano, cioè il contratto prevalente, con l’articolo 18 in vigore, ma anche il mantenimento di altre forme contrattuali (somministrazione e stagionale). Dalle due ore di colloquio con Camusso non è emersa un’indicazione precisa su questi punti, ma solo una rassegna dei problemi ancora aperti.
È molto probabile che su questo punto, materia incandescente per i sindacati, si inseriscano dei correttivi limitati. Un punto di caduta potrebbe essere quello proposto dall’esponente Pd Pier Paolo Baretta in una sua proposta di legge. Il testo prevede per i lavoratori un periodo di prova di tre anni, seguito dalla stabilizzazione. L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori resterebbe in vigore, ma potrebbe essere modificato in modo da ammettere i licenziamenti individuali per motivi economici.
In sostanza l’ipotesi estende anche ai casi individuali le possibilità di licenziamenti collettivi già in vigore. «Quando un imprenditore non ha lavoro, può già accedere alla mobilità o alla legge 223 – spiega Baretta – Non si comprende perché questo può valere per un gruppo di lavoratori e non per il singolo».
La prossima settimana si capirà di più l’orientamento dell’esecutivo. «Quello che è certo è che si dovrà parlare prima degli ammortizzatori – spiega l’ex ministro Tiziano Treu – Cioè quali tutele dare ai giovani che perdono lavoro. Il governo mi sembra orientato a fornire indennità di tipo universale, finanziato dalla fiscalità generale. Bisognerà vedere da dove si reperiscono le risorse».
«È positivo il fatto che la polemica sugli incontri separati si sia finalmente risolta con l’avvio di incontri informali – aggiunge Cesare Damiano – Quello che adesso conta sono i contenuti: occorre dare il via ad una fase di sviluppo se si vuole garantire l’occupazione, dotare il Paese di ammortizzatori sociali in grado di fronteggiare l’attuale situazione di crisi occupazionale e ritoccare le norme pensionistiche, così come evidenziato dal presidente Monti nel corso della conferenza stampa di fine anno. Solo in questo modo potremo dire che accanto al rigore si interviene finalmente anche sui temi della crescita e dell’equità».