Il braccio di ferro sulla sanità è già in fase avanzata, ma il ministro Renato Balduzzi resiste ancora: non più di un miliardo a regime. Quello sul pubblico impiego esploderà dopo l’incontro con i sindacati.
La spending review in preparazione deve passare le forche caudine dei ministeri interessati (quasi tutti) e delle forze sociali. Oggi si riuniranno i ministri economici per limare le bozze rimaste rinchiuse nei cassetti dell’Economia, fatto che ha provocato anche qualche malumore nel governo.
Domani sarà la volta di Regioni e parti sociali. Il varo è stato spostato a giovedì o venerdì, ma c’ è già chi ipotizza tempi più lunghi. Segno che i conti non tornano. Se l’obiettivo è davvero quello di escludere l’aumento di due punti di Iva in modo strutturale, oltre che finanziare le nuove spese per il terremoto, recuperare risorse per gli esodati e ripristinare le entrate mancanti, serve una manovra massiccia. L’ipotesi di due step Obiettivo troppo ambizioso in fase recessiva. A questo punto si studia l’ipotesi di mantenere l’Iva ma solo per un punto, con minori risparmi per circa 8 miliardi l’anno prossimo.
Bene per le casse pubbliche, meno bene per la tenuta del governo visto che il Pdl condiziona l’appoggio all’eliminazione dell’aumento Iva. A questo punto si fa sempre più concreta l’ipotesi di due step. Il primo relativo alle misure immediate per quest’anno, che potrebbe fermarsi a 5-6 miliardi, e il secondo più strutturale che dovrebbe valere nel prossimo biennio per 8,2 miliardi nel 2013 e altrettanti nel 2014. In questo caso si aspetterebbe la legge di Stabilità, contando su una possibile ripresa e quindi un recupero sul fronte delle entrate. Il piano del ministro della Salute prevede un risparmio di 600 milioni di qui a fine anno sull’acquisto di beni e servizi.
Altri 350 milioni si dovrebbero recuperare con gli sconti ai farmacisti e alle case farmaceutiche, ipotesi che ha già fatto infuriare i titolari di farmacie. Infine, un taglio di circa 130 milioni sulla specialistica e sulle convenzioni con le case di cura. Ma il Tesoro chiede di più: chiede almeno il doppio. Così entra nel mirino dei tecnici anche il possibile taglio delle unità ospedaliere meno efficienti. Il ministro dovrà vedersela con le Regioni, con cui sono in corso le trattative per il patto della salute e per la definizione dei livelli essenziali di assistenza. Dopo il taglio di 8 miliardi già decretato nel salva-Italia i margini sono strettissimi. Il pubblico impiego è l’altro campo di battaglia
Oggi a Napoli in una manifestazione unitaria i sindacati rilanceranno la loro protesta, visto che «a pagare sono i soliti noti – dichiara Michele Gentile della Cgil – si parla di riduzione degli organici, ma nulla si fa ad esempio per i dirigenti a chiamata». Ridurre l’organico non vuol dire per forza di cose licenziare, ma il rischio di essere espulsi aumenta, così come quello di uscite soft o di pensionamenti con le norme ante-Fornero. Lo stesso capitolo prevede l’accorpamento di agenzie e direzioni, il risparmio sulle spese per beni e servizi, un attento controllo sui consumi, persino sull’utilizzo dell’aria condizionata. Le società pubbliche Un capitolo a parte riguarda le società pubbliche. È stato inserito nel decreto sulla spending review limitata al ministero dell’Economia e oggi già depositato in Senato.
Si prevede un taglio delle poltrone nei consigli d’amministrazione delle società pubbliche, oltre che la cessione di Fintecna, Sace e Simest (tre società del Tesoro) alla Cassa depositi e prestiti, per un introito di 10 miliardi. La metà di questa somma andrà ad abbassare il debito (come prevedono le regole europee sulla cessione di asset pubblici) e l’altra a finanziare i crediti delle imprese con la pubblica amministrazione. Una parte importante della manovra è affidata al piano Severino. Dal riassetto dei tribunali si attendono 76 milioni. In sostanza si prevede la soppressione di 33 tribunali e 37 procure. Con una gara nazionale per l’affidamento del servizio intercettazioni si conta di risparmiare altre risorse. Stessa cosa accadrà alla Difesa, che dovrà affidare gli acquisti alla Consip. Anche gli atenei dovranno unirsi per fare “massa critica” e spuntare prezzi migliori
L’Unità – 2 luglio 2012