La gastronomia italiana parla da sola però a volte servono le parole adatte per raccontare cosa c’è dietro ad un piatto, un vino, un sistema di accoglienza alberghiera, una nuova moda culinaria o una classica prelibatezza che si è tolta di dosso la polvere del tempo e ha ritrovato un ruolo nel gusto contemporaneo. Eppure, quando si parla di cibo si finisce spesso nella trappola del luogo comune: la «tradizione» (spesso «rivisitata»), la cucina «creativa», il «bio» alla destra del quale siede immancabile il «chilometro zero». Tutto talmente bello, buono e giusto da rasentare l’ovvietà ma la cultura enogastronomica italiana merita un discorso non scontato. Da questa riflessione nasce all’isola di San Giorgio, a Venezia, l’Alta scuola italiana di Gastronomia Luigi Veronelli, fondata dal Seminario Permanente Luigi Veronelli e dalla Fondazione Giorgio Cini, presentata ieri al Palazzo della Triennale di Milano.
«La scuola nasce dalla constatazione che chi produce vini e prodotti alimentari italiani negli ultimi anni ha visto mutare il proprio ruolo: è diventato un ambasciatore del sistema culturale italiano, in patria e all’estero — spiega Andrea Bonini, direttore del Seminario Veronelli —. A fronte di questa nuova funzione però non c’è un percorso formativo per gli operatori». I destinatari dell’Alta Scuola sono quindi titolari e dirigenti di aziende agroalimentari, ristoratori, proprietari di enoteche, Wine bar e alberghi, giornalisti e blogger del settore, studenti di corsi laurea attinenti. Le parole per ripensare al paesaggio del gusto italiano le stanno rielaborando gli esperti del Comitato scientifico: da gennaio filosofia, arte, paesaggio, gusto e estetica sono i numi tutelari che guidano la riflessione del primo rettore dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, Alberto Capatti, del filosofo e storico dell’arte Aldo Colonetti, del segretario generale della Fondazione Cini, Pasquale Gagliardi. E poi ci sono lo chef pluripremiato Alfonso Iaccarino, Gian Arturo Rota, custode dell’Archivio Veronelli, la sovrintendente Renata Codello. Le loro nuove parole del gusto italiano saranno al centro della «Settimana della Cultura Gastronomica», anteprima della scuola, aperta a tutti e che dal 2 all’8 luglio prossimi porterà alla Fondazione Cini seminari, degustazioni, concerti, performance artistiche e incontri pubblici con esperti internazionali, per riflettere sullo stato dell’arte della cultura gastronomica.
«Ogni giorno sarà dedicato a un argomento, a una delle nuove parole — anticipa Bonini — cioè terra, immaginazione, parola, sensi». Il primo corso ufficiale partirà invece nel 2019, il tema sarà «Camminare per le Vigne»: 150 ore di formazione per 25 iscritti, selezionati da una commissione. Grazie a Banca Generali Private, partner del progetto, ci saranno borse di studio per gli studenti. Che l’Alta Scuola nasca dal Seminario Veronelli e non dalle Università del Veneto racconta qualcosa che nella terra delle eccellenze spesso si inceppa. Ca’ Foscari, Confindustria, Regione e Unioncamere nel 2014 avevano lanciato un progetto comune per una Scuola Veneta di Alta Cucina. «Abbiamo fatto varie riunioni ma il progetto non si è ancora concretizzato — dice il rettore, Michele Bugliesi — si è fermato sulla scelta della sede, sui programmi. Noi abbiamo un ruolo per la formazione in management e marketing, i promotori sono le imprese. Al momento non percepisco una progettualità attiva ma è un settore al quale guardiamo con grande interesse». Pure gli studenti e le imprese: il master in Cultura del cibo di Ca’ Foscari da dieci anni è uno dei più frequentati.
Il Corriere del Veneto – 18 maggio 2018