Arriva il conguaglio a 16 milioni di pensionati italiani. Un piccolo aumento, da 5 a 20 euro al mese, che completa la rivalutazione degli assegni di quest’anno all’inflazione del 2022. Questa mattina il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare – assieme al Documento programmatico di bilancio (Dpb) da inviare a Bruxelles e alla manovra con i decreti fiscali collegati – anche un decreto legge da 3,2 miliardi.
In questo decreto, finanziato tutto in deficit già autorizzato dal Parlamento mercoledì scorso, ci saranno oltre al conguaglio altre due misure annunciate dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. Una a favore dei dipendenti pubblici, probabilmente la riedizione dell’una tantum dell’anno scorso che valeva un miliardo, come anticipo del rinnovo del contratto: da 30 a 60 euro a testa, a seconda del livello, dall’impiegato al dirigente. L’altra misura è uno stanziamento per l’emergenza migranti.
Il conguaglio pensionistico che di solito avviene tutti gli anni a gennaio, viene così anticipato a novembre, come fu l’anno scorso. Dovrebbe valere almeno 1,5 miliardi, pari alla differenza tra il tasso di inflazione stimato e già applicato al 7,3% e il tasso reale che poi si è rivelato essere nel 2022 pari all’ 8,1% (si recupera sempre un annodopo). Uno 0,8% di differenza che sarà distribuito ai pensionati, presumibilmente nel mese di novembre, secondo il criterio a “fasce” introdotto dal governo Meloni nella sua prima manovra dell’anno scorso, molto meno vantaggioso del sistema a “scaglioni” di epoca Prodi, progressivo come l’Irpef e ripristinato dal governo Draghi.
Il metodo a fasce garantiscequello 0,8% di conguaglio per intero solo alle pensioni fino alle 4 volte il minimo, ovvero 2.100 euro lordi. Sopra questa cifra, il recupero dell’inflazione non è più al 100%, ma parziale con percentuali decrescenti: 85, 53, 47, 37, 32. Ad esempio una pensione da 2.600 euro lordi recupera più o meno solo metà dell’inflazione e quindi metà del conguaglio. Mentre una pensione sopra i 5.200 euro lordi incassa solo un terzo del caro vita. Il sistema di calcolo “meloniano”, vigente quest’anno e il prossimo, garantisce al governo di destra una minore spesa di 10 miliardi in tre anni: 2,1 miliardi quest’anno e altri 4 a testa nel 2024 e 2025.
Un meccanismo a cui Palazzo Chigi potrebbe fare di nuovo ricorso – riducendo ancora, ad esempio, le percentuali di indicizzazione – se, come sembra, avesse problemi di copertura per chiudere la manovra che oscilla attorno ai 25 miliardi, di cui 15,7 in deficit. Andare a pescare di nuovo tra le pensioni può essere però insidioso perché espone l’esecutivo a possibili stop della Corte Costituzionale, come già in passato.