Michele Bocci. Arginare, arginare, arginare. Come ha detto a Repubblica Massimo Galli del Sacco di Milano, è arrivato il momento di ridurre l’impatto del coronavirus nel Paese. Gli italiani devono stare ognuno nella sua casella: i malati in ospedale (o sotto controllo al domicilio), i contatti dei positivi in quarantena, i sani a casa, con uscite centellinate per i noti motivi straordinari (lavoro, salute, spesa alimentare). Solo se tutti rispetteranno il proprio ruolo, dicono gli esperti, vedremo la curva dei contagi prendere la piega migliore, cioè lunga e schiacciata. Per il presidente del Consiglio Giuseppe Conte le premesse sono buone: «Sono orgoglioso della risposta degli italiani, che con i loro comportamenti responsabili stanno contribuendo a contrastare il diffondersi del contagio», dice. Ma è solo l’inizio. «La sfida per tutti è tenere la guardia alta — prosegue — insistere in questo impegno collettivo ed evitare che anche comportamenti sbagliati compromettano lo sforzo di un intero Paese».
In qualche giorno capiremo se le forti misure adottate la settimana scorsa per far stare a casa gli italiani funzionano, visto che normalmente l’incubazione dura tra 5 e 7 giorni. Secondo gli esperti però ci vorranno almeno due settimane per un vero cambiamento. «Non ci aspettiamo una diminuzione delle nuove diagnosi molto presto — avverte Walter Ricciardi, del Comitato tecnico scientifico della protezione civile — Nei prossimi 7 giorni probabilmente vedremo diminuire l’incremento al Nord ma non al Centro-sud. La settimana successiva dovrebbero finalmente stabilizzarsi le regioni settentrionali oggi più colpite, le altre potrebbero continuare a salire. In quella dopo ancora, la terza, speriamo di vedere una diminuzione dove ora stanno peggio e una stabilizzazione altrove».
Se la gran parte degli italiani devono stare a casa per non ammalarsi, o non essere veicolo inconsapevole della malattia, alcuni devono rispettare le regole dell’isolamento o della quarantena. Sono i contatti a rischio. E per loro è fondamentale il lavoro dei dipartimenti di prevenzione, le strutture Asl che fanno le indagini epidemiologiche su chi è stato vicino alle persone a rischio e disporre i tamponi. «Le persone a casa vanno gestite bene, è importantissimo », dice Gianni Rezza delle Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. Proprio su chi ha avuto contatti con i malati, due giorni fa c’è stata una clamorosa decisione del Veneto. Mentre le altre Regioni faticano a fare i tamponi addirittura ai sintomatici, in particolare la Lombardia, il governatore Luca Zaia li estende anche ai contatti non stretti, pure senza sintomI. Va cioè oltre le indicazioni dell’Istituto e del Consiglio superiore di sanità, che chiedono di fare il test solo a chi ha febbre e problemi respiratori. «In un Paese nelle emergenze ci vogliono strategie nazionali, le fughe in avanti sono pericolose, anche fossero nel giusto», dice Giuseppe Ippolito dello Spallanzani.
L’ultima casella è quella che in questo momento, in certe zone del Paese, si è più ristretta e che in altre si cerca di allargare il più possibile in attesa di un aumento dei casi. Gli ospedali, in particolare in Lombardia, sono al collasso. Arginare il virus vuol dire anche trovare posto nei reparti o nelle terapie intensive per chi ne ha bisogno, riducendo così il numero delle vittime. Per farlo ci vogliono spazi ma anche dispositivi e personale. Sul primo punto, ieri Consip ha annunciato di aver già ordinato, tra l’altro, 3.800 ventilatori polmonari, 329 in consegna già questa settimana. Sono fondamentali per avere nuovi posti di rianimazione (oggi sono 5.000). E oggi iniziano ad entrare negli ospedali parte dei 20mila nuovi professionisti sanitari previsti da un decreto del governo. Le Regioni hanno avviato procedure semplificate per le assunzioni. Si corre per alzare l’argine.
L’appello del premier, che raccoglie quello di medici e scienziati “Grazie Italia ma ora la guardia resti alta”
Secondo gli esperti per vedere gli effetti ci vorranno almeno due settimane: una per far rallentare il Covid al Nord. La seconda per fermarlo. La terza finalmente potrebbe vedere diminuire i casi
Sulle brandine
Malati di coronavirus sulle brandine negli Spedali civili di Brescia: i letti nei reparti sono esauriti. I contagi nell’intera provincia a ieri sera erano 2.473 (+351 in un giorno), e i sindaci leghisti hanno protestato compatti per le dotazioni «ridicole» di guanti e mascherine
Repubblica